sabato 24 maggio 2008

La vista (Collana "I 5 sensi")

Il sole si spense per lei molto presto. I suoi ricordi si erano fermati ad un mondo visto dal basso verso l’alto, in cui persone ed oggetti erano tutti più grandi di lei. Oggetti enormi, fedeli alleati dietro i quali nascondersi facilmente, persone come giganti che la portavano tra le loro braccia.
Ora, pur non vedendoli, percepiva le loro voci venire da un’altezza pari alla sua.
Era cresciuta. Ma ancora oggi quando voleva tornare bambina, e rifugiarsi nei suoi ricordi, si accucciava a terra ed amava ascoltare e percepire di nuovo tutto provenire dall’alto, come allora. Da questa prospettiva, le sembrava di ritornare a vedere la luce illuminare di nuovo quel mondo che si era spento anni addietro. Era come tornare bambina e vedere di nuovo, anche ad occhi chiusi.
Quando si rialzava il mondo tornava a trasformarsi in una giungla di suoni, odori, e percezioni.
La città era un marasma di sensazioni fuori da ogni controllo. Il rumore di fondo ed il ritmo della metropoli non le davano il tempo di realizzare cosa le accadeva attorno. Tutto questo inevitabilmente le provocava un disagio ed un’ insicurezza che spesso scadeva nella più arcaica e primordiale delle sensazioni umane, da sempre sua compagna di viaggio. La paura.
Quando il suo mondo si era spento, fu come se l’avessero rinchiusa in una stanza buia, la stessa in cui era finita varie volte in collegio da piccola. La dentro, nell’oscurità, fantasmi perversi venivano a trovarla, ma quando lo raccontava a chi le voleva bene, nessuno le credeva.
Un giorno il collegio finì. Ma di notte, dormiva sempre con una fievole luce accesa, per fugare ogni paura.
Dopo l’operazione non ci fu più nessuna luce ad illuminare le sue notti. Le notti si erano unite una all’altra, formandone una sola, infinita.
In quella lunga notte, non poté più sfuggire ai suoi fantasmi, e dovette affrontarli, col coraggio che può avere una bambina. Non potendo sconfiggerli, imparò a conviverci sino a farli scomparire mano a mano che la notte diveniva sua amica, giorno dopo giorno, anche se la parola giorno per lei non significava più nulla.

Da qualche tempo le cose stavano cambiando. C’era molto più interesse attorno a lei, gli altri erano diventati più gentili, cortesi, soprattutto gli uomini. Anche quelli che anni addietro erano solo dei suoni lontani, dei saluti che sparivano diluendosi nella distanza.
La lontananza di una voce e la mancanza di un contatto erano sinonimo di solitudine.
Avrebbe voluto vivere in un mondo di abbracci, caldi e forti, che la sapessero portare come quando era bambina, senza farle temere più nulla di quel buio eterno, sempre intriso di sorprese latenti. Ma ora era diverso.
Gli uomini si avvicinavano a lei con calore. Interesse.
Non era però lo stesso affetto di una volta. Erano abbracci prolungati, ispettivi, che entravano in quel recinto che si era costruita. Un recinto fatto dallo spessore di una distanza, che le dava un’emozione diversa al variare di una manciata di centimetri.
I centimetri si azzerarono. Le emozioni che provava con quegli abbracci maschili, erano nuove, diverse, coinvolgenti. Lei, vi si abbandonava, rapita e ricolma di un piacere neofita.
Nuove emozioni si affacciavano alla sua mente e prendevano possesso del corpo. Erano difficili da dominare, spesso incontrollabili. Molti dei suoi ospiti se n’erano accorti. E tornavano sovente a trovarla. Altri, le dicevano che era la migliore.
Non sapeva bene cosa intendessero, ma per lei ora tutto era diventato naturale. Le bastava assecondare quelle sensazioni forti, e cavalcarle lasciandosi trasportare. Era come correre, volare, libera e spensierata.
Era felice di avere tutti questi nuovi affetti. La solitudine era una paura lontana. Nuove voci passavano a trovarla ogni giorno, voci di uomini sempre più maturi. Ognuno la trasportava a modo suo, facendole scoprire sapori, odori sempre diversi.
Gli odori furono la vera novità.
Con alcuni di questi la sua mente perdeva il controllo del corpo...

Un giorno, un odore fu diverso da tutti gli altri, una voce rassicurante più di quella del padre, e delle mani così calde che avrebbe voluto sostituirle alle sue, per accarezzarsi.
Queste tre cose appartenevano tutte allo stesso uomo.
Da quel giorno quelle sensazioni che prima provava per chiunque, iniziarono a manifestarsi solo per lui.
Egli divenne il suo uomo.
Ma con lui la sua vita non cambiò molto. Egli voleva che continuasse a vedere tutti i suoi amici esattamente come faceva prima. Non era geloso, anzi gliene presentò degli altri.
Le disse che grazie a lei, ora poteva smettere di lavorare, così avrebbe avuto più tempo per starle vicino. Lei non capì, ma ne fu felice.
Per lei in fondo, quegli abbracci erano una forma di dialogo assolutamente naturale.
E fu così che cominciò a girare il mondo, incontrando sempre nuove persone, uomini, donne, celebrità. Tutti le dicevano che i suoi abbracci erano unici, forse proprio perché non poteva vedere e quindi aveva sviluppato altri sensi.
Il suo ragazzo era d’accordo con loro, e sempre vicino a lei.
Ma alla sera, lui la voleva solo per sé, e per lei questo rimase per sempre l’abbraccio più bello…