domenica 25 novembre 2007

Il rumore degli alberi

In un’enorme foresta, un vecchio albero stava finendo i suoi giorni. Ma non era un albero come tutti gli altri. Infatti, chi si avvicinava a lui, aveva l’impressione che l’albero gli parlasse, quasi fosse la sua coscienza. Un uomo che forse aveva bisogno di riflettere, si avvicinò.
E l’albero gli parlò.
“Suvvia non ti abbattere”, disse l’Albero.
“Guarda che non sono mica un Albero!” Gli rispose l’uomo. “Caso mai, sarete voi alberi a farvi abbattere”.
L’Albero replicò che non era propri così. Semplicemente, quando giungeva la loro ora, venivano abbattuti. Ma vivevano fino all’ultimo istante la loro vita. Non erano mai tristi e non avevano il problema di dove andare o cosa fare di diverso ogni giorno come gli uomini. Vivevano e basta.
L’uomo fece notare all’albero, che una vita così era una vita grama, sempre uguale e senza significato. Quindi, preferiva la sua, di uomo.
Al che l’albero gli chiese cosa avesse fatto lui di tanto importante, per poter dire che la sua vita era migliore di quella di un albero.
L’uomo ci pensò un po’ su, e poi disse che aveva fatto un sacco di cose, anche se una cosa davvero importante, doveva ancora venire. E siccome non aveva tempo da perdere…non sarebbe rimasto un minuto in più, a parlare con un albero.
Mentre stava per andarsene, l’Albero cominciò a raccontargli che una volta era passato di li un uomo come lui, e questi gli raccontò più o meno le stesse cose. Diceva che fra una cosa e l'altra, un lavoretto di qua ed una carriera di là, aveva sempre tirato a campare. Finché, si era convinto che fosse un po' troppo tardi per cambiare, e fare qualcosa di grande.
L’uomo tornò indietro. Pareva molto interessato a questa storia e chiese cosa aveva fatto in seguito l’altro uomo, negli anni che gli rimanevano da vivere.
L’albero rispose che aveva continuato a fare quello che stava facendo, come fanno tutti.
L’uomo rimase perplesso. Si disse che lui era ancora in tempo. Che poteva ancora fare qualcosa di importante e che doveva almeno provarci. Ma un dubbio lo assalì.
“E se poi non riuscissi ad ottenere alcun risultato, cosa farò?”
L’albero gli rispose con voce quieta: “Tornerai a fare quello che facevi prima.”
L’uomo ormai era un fiume in piena e si lasciò andare nelle sue esternazioni.
“Il problema è che non so se ce la farei, io non sono mica come te che ti fai bastare quello che hai. Vedi Albero, nel mondo degli uomini ci sono almeno due categorie, quelli che lavorano per vivere e quelli che vivono per lavorare.”
L’albero disse che anche questa l’aveva già sentita, ma l’uomo continuò comunque.
“Quelli che lavorano per vivere, sono come voi alberi, non devono raggiungere nessun obiettivo nella vita, a loro basta esistere. Gli altri, che vivono per lavorare invece, lo fanno per non avere troppo tempo libero, in quanto andrebbero in contro al rischio di pensare. Ed avere il tempo di riflettere, fa male a tutti gli uomini. Si finisce sempre per trovare qualcosa che non va’.”
“E tu, di quale delle due fai parte?” Gli chiese l’albero, che non poteva chiedere altro.
“Nessuna delle due purtroppo. Dico purtroppo, perché almeno gli altri nel loro piccolo, stanno bene. Io avrei la pretesa di trovare un senso alla mia vita. A quel punto niente più mi peserebbe. Ma tu non puoi capirmi, sei solo un Albero.”
“E non l'hai ancora trovato questo… senso?”
“No. Ma quando la troverò…”
“Ok, ma nel frattempo?” Chiese l’Albero interrompendolo, dato che anche questa storia l’aveva già sentita.
“Beh, sai, un lavoretto di qua, una carriera di là. Finché non mi viene l'illuminazione.”
L’Albero infine concluse. “Male che ti vada quando avrai l'età di quell’uomo che passò di qui, se l’illuminazione non fosse ancora arrivata, continuerai anche tu a fare come lui… quello che stavi facendo.”
L’uomo divenne scuro in volto. E replicò:
“Non so se ci riuscirei. Sai, io non sono come un Albero che fa quello che gli capita, facendoselo bastare. Io devo dare un senso alla mia vita! E se questo senso non lo trovassi, penso che sarebbe inutile viverla sino in fondo.”
E l’Albero: “Questa è una cosa che non capisco. Noi Alberi non possiamo decidere quando terminare la nostra vita. Ma voi uomini si, a quanto sembra.”
“Mi spiace per voi che non abbiate neanche questa possibilità. Siete costretti a vivere anche una vita inutile.”
“Sarà,” disse l’Albero, “ma ricordati che una volta che un albero è caduto, non può tornare in piedi.”
“E allora? Perchè dovrebbe occupare spazio in questo mondo senza un motivo preciso? Senza fare niente?”
“Cosa ne sai tu piccolo uomo, di cosa può fare un Albero?”
“E cosa avresti fatto tu da quando sei nato? Sentiamo.” Lo sfidò l’uomo.
L’Albero stette in silenzio e nella foresta si udì solo il rumore del vento. Centinaia di alberi producevano quel rumore, con le loro foglie, scosse dal vento. Quindi l’Albero riprese.
“Lo senti, piccolo uomo? Questo è il rumore della vita che fanno gli alberi. Riesci a sentirli? Io sono arrivato qui portato dal vento, sotto forma di un seme. Ero solo e piccolo più di te, ma poi secolo dopo secolo, con le mie spore ho dato vita ad una foresta. Eccola. Loro sono tutti miei figli, se li vuoi chiamare così. Ecco cosa ho fatto.”
“E con questo cosa vorresti dirmi?”
“Esattamente questo, per l’appunto. Che il senso della vita a volte non si capisce. Ma questo non significa che non l’abbiamo trovato.”
“Continuo a non capire.” Disse l’uomo perplesso.
“Bene, sei sulla strada giusta allora.”Rispose l’Albero.

L’uomo ripartì per la sua strada, con i suoi dubbi, e per anni non si fece più vedere.
Un giorno ritornò e vide che l’Albero era ancora lì.
L’Albero fu sorpreso di vederlo invece, perché l’uomo non era tornato da solo.
Con lui c’era anche la sua piccola foresta...