- Arrivano i comunisti! Si salvi chi può…
L’urlo, neanche tanto convinto, partiva dalla cassa della libreria, secondo alcuni, da qualche giorno piuttosto disertata.
- Ma quali comunisti…?! – Fa un giovane di spirito, con indosso una mise tecnica da alta montagna, impegnato alacremente ad armeggiare con un terminale.
- E’ la fine…accendete un cero per noi.. - continua quello in cassa, in una sorta di monologo ciclico vittimista, anche lui con gli occhi sul terminale, e lo sguardo fisso sulla mappa degli autobus… di Kansas City.
- Cooosa c’è…?! – Chiede un terzo, quasi per abitudine, sopraggiunto mentre cerca a sua volta un terminale libero. – Allora… Cooosa c’è? – Dice di nuovo, raggiunto il terminale, scaldandosi le mani lungamente prima di posarle sulla tastiera.
- Ma non vedete che non c’è nessuno? - Seguita quello in cassa scuotendo il capo continuamente, - è quasi Natale, dovrebbe esserci l’invasione! Siamo finiti…
- Ma se sono solo le nove e mezza di mattina! Chi vuoi che ci sia in giro? E’ già tanto che abbiano aperto i bar e le tabaccherie…
- Le tabaccherie! – Ripete illuminandosi il cassiere.
- Oddiooo… – si ode rimbombare nella libreria deserta, – non dovevo dirlo! Adesso si ricomincia...
Una stagista di pacchettistica natalizia, in disparte, se la rideva di gusto. Vicino a lei, una veterana stakanovista, incapace di stare ferma, sistemava una fila di libri appena risistemati, brontolando che non era quello il sistema giusto.
- Ogni mattina la solita pantomima…- seguita brontolando la collega che a forza di sistemare diceva che le era venuto il “sistema nervoso”.
Intanto, la stagista, sempre ilare, si chiedeva se un giorno anche lei avrebbe lavorato in un posto così divertente, magari proprio nella stessa libreria…chissà…
- Vieni, vieni… - la risvegliò il cassiere mentre lei, bella e incantata, se lo mangiava con gli occhi da dietro una pila di libri, - non startene lì con le mani in mano, che poi le colleghe brontolano! – Concluse sottovoce. – Piuttosto… faresti un salto in tabaccheria finché non c’è nessuno? Ho un paio di terne da piazzare, che…
- Ecco ci risiamo… – fa uno dei due con la testa nel terminale.
- … allora 90, per la paura, 17 per la sfiga, e 101 per la catastrofe…
- Ma veramente, il 101non so se…- fa lei timida e succube.
- Stai zitta! Lo so io perché! E tutti sulla ruota dell’Aquila. Per sintonia di sfighe, deve essere per forza quella giusta…
Alle dieci abbondanti, entra trafelato un tizio che sembrava un modello della Timberland ma che poi invece si rivelò essere solo un dipendente in ritardo.
Smoccolando di primo mattino, se la prende maledicendo nell’ordine: le telecamere, il Sindaco, i leghisti, la specie umana in decadenza, i cambiamenti climatici e il Pilates, il tutto prima di raggiungere la cassa.
Gli fa eco una collega, che avulsa dalla realtà, entra dalla porta del Bar retrostante, dalla quale era uscita poche ore addietro, ma non proprio con la stessa andatura.
- Oddio! – Riprende quello in cassa, - su L’Arena c’è un’altra pubblicità di una libreria che ha diversificato! Hanno fatto come i minotauri, “restaurant, libreria ed agenzia viaggi”! Che sia questo il futuro? Dobbiamo farlo anche noi, diversifichiamo!
-… si dai, diventiamo anche noi dei diversamente abili! – Commenta quello che ce l’aveva col mondo, - … noi potremo fare ad esempio “corsi di Yoga, mensa per poveri e libri usati a metà prezzo” per battere la crisi!
- Perfetto! Vengo anch’ io col mio banchetto! – Fa uno col cappello appena entrato che aveva fatto l’albero di natale per antonomasia al presepio vivente di tre anni prima..
- Calma..., calmaa! Coosa c’è? – Riattacca il saggio della libreria, scaldandosi dopo le mani, anche la voce, - siete preoccupati per la concorrenza? E’ un fuoco di paglia, rilassatevi. E poi chiudono presto gli altri alla sera. Mal che vada noi allungheremo il turno notturno…
- Siii! – Fa quella entrata dal bar, - io farò il turno di notte, e magari teniamo anche il bar aperto 24 ore su 24! – Conclude abbracciando la barista di turno che, solo all'idea, svenne tra le sue braccia.
- …e perché, già che ci siamo, non apriamo anche un nuovo reparto a luci rosse! – Chiosa l‘altro, risvegliando lo sguardo assopito del vicino di postazione, con la mise tecnica.
- Che balle! Son già stufa di sentirvi… io vado in pausa! – Dice salutando, quella arrivata da poco, mollando la barista ed infilando la porta.
Il primo cliente della giornata, chiese impunemente: - Ma state parlando della F… -
Aggredito da più parti, al grido “non osare nominare quel nome in questo luogo,” non riuscì a terminare la frase ed infilò la porta anche lui.
- Maledetti comunisti! – Riprese con la nenia quello in cassa.
- Ma non eravamo noi i comunisti? – Bofonchia il saggio, - Giubbe rosse e tutto il resto…?
Proprio in quel momento, giunse una collega graduata dai piani alti, che si distingueva dagli altri perché portava con se’ gli orari della settimana. Dietro di lei, giunse pure il più alto in grado tra tutti, pronto a sedare i toni.
- Non sono mai stato così contento di vedere gli orari… - fa quello in cassa, - vuol dire che almeno la prossima settimana, ci siamo ancora!
- Bastaaa! – Fanno tutti quanti in coro. - Porti sfiga!
In preda ad un delirio isterico contagioso, il cassiere si scagliò sulle vetrine urlando:
- Bisogna rifare le vetrine! Sono vetrine comuniste! Adesso che i comunisti sono gli altri, noi dobbiamo cambiare colore, o i clienti faranno confusione! Basta con le giubbe rosse…siamo in una città leghista, del resto! Il 50 per cento vota per la lega, e sono tutti clienti potenziali!
- Siii! – Fanno in coro le colleghe contagiate. – Bella idea!
- Ma si, - fa il saggio con ilarità – e allora, perché non cambiamo pure il nome in Giubbe verdi?!
- Siii! – Fanno tutte in coro di nuovo, prendendolo sul serio.
Il cassiere indossati i panni del vetrinista, partì alla carica.
- Portatemi subito “Gente del Nord”, “Avanti Po, Lega nord alla riscossa” e”Vento della Padania”…
- Non so se sono tutti disponibili… - fa una collega titubante, - ora controllo...
Alla vista della scena in corso, il saggio si scaldava le mani e se la rideva di gusto. Infine concluse:
- Uno c’è di sicuro…”Idiota in Politica, antropologia della Lega nord” prova a vedere…
- Si c’è! – Fa la collega, su di giri per il ritrovamento, – è della Feltrinelli… oddio cosa ho detto!!!
- Abbattetela! – Urla il vetrinista indemoniato, - o ci porterà sette anni di sfiga!
Mentre le colleghe meditavano sul linciaggio, una Voce Guida da dietro una pila di libri, le bloccò:
- Ferme! La paura è contagiosa, non fate così, non serve a niente! Fate invece un bel respiro col plesso solare ed incrociate le gambe … e le dita, che porta pure bene! – Urla la Voce, con un tono tra il paternalistico e lo yogin.
Ma scoperto che la voce apparteneva ad uno di loro, l’effetto esoterico placebo svanì.
– Mantenete la calma! – Urlò mentre cercavano di sedarlo.
- Beh, - fa il più alto in grado – forse non è una cattiva idea…Giubbe verdi…in fondo si dice anche “verde speranza” no?! Proviamo!
- Noo! Tu quoque Brute…- Chiosò la voce ex guida.
- E allora se è questa la piega, io mi licenzio! – Sbotta una figlia dei fiori, nata nella generazione sbagliata, che aveva pure cambiato libreria per avvicinarsi a casa.
Quando tutto sembrava ormai perduto, rientrò proprio allora la collega dopo la meritata pausa, accompagnata da un mesto barbuto, oramai simil teutonico.
Alla sua vista tutti esplosero in uno spontaneo e corale:
“...ah ci ghe!” Mentre uno di loro si lisciava le sopracciglia.
- Ehi, - fa il nuovo venuto, - ho saputo che avevate bisogno di rinforzi… che era in gioco la sopravvivenza stessa della libreria e non potevo starmene là con le mani in mano! E poi, a dire il vero, a Berlino son finiti gli alloggi… e allora ho pensato di tornare all’ovile...
- Figliol prodigo! - Fa il più alto in grado, sfoderando una vena religiosa inattesa.
- Ma… – dice quella con gli orari in mano – non si era detto semmai, che dovremmo ridurre?!
Dopo un attimo di silenzio, il boss prese la parola:
- Ma si, uno più uno meno…- chiosa, - cosa vuole che sia! E poi a Natale siamo tutti più buoni!
lunedì 19 dicembre 2011
domenica 2 ottobre 2011
Defecatio Tax
Il Ministro Treconti, reduce dall’ennesima modifica alla finanziaria, e con più calcoli nei reni che in testa, si rotolava nel sonno alla ricerca di un’idea per debellare una volta per tutte il fenomeno dell’evasione fiscale e nel contempo produrre una tassa che fosse equa per tutti. Ma solo in sogno poteva esistere una tale tassa. Il suo inconscio si librò quindi nel sonno, alla ricerca di qualcosa che accomunasse veramente ciascun contribuente, ed infine lo trovò. Mentre, avvolto nelle sue coperte, credeva di essere ancora in riunione al ministero, si mise a parlare nel sonno…
-Entrate e uscite! E’ sempre la stessa storia…per aumentare le entrate dello Stato, l’unico modo, è porre un controllo sulle uscite dei contribuenti !
Di rimando i suoi collaboratori proposero una serie di tasse sulle spese e l’aumento dell’IVA. Ma il ministro non era soddisfatto. Voleva qualcosa di innovativo.
”Nein! Nulla si crea e nulla si distrugge!” – Sbottò uno dei consulenti tedeschi più pagati, mimando una bocca intenta a masticare. – Entrate und uscite! Qvello che entra prima o poi esce! Chiaro?!
L’attenzione del ministro si spostò quindi verso ben altre uscite. E forse per non contraddire il teutonico consulente inviato dalla BCE, il ministro approvò il piano.
Parafrasando Einstein, la più odiata tassa della storia, sarebbe quindi stata applicata non sulle entrate, bensì sulle uscite. E così, un team di esperti fu subito incaricato di trovare il modo per applicare la tassa a tutti i WC del Paese.
-Basta ormai è deciso. Chi mangia di più, paga di più! Molto semplice no? – Chiosò Treconti.
La notizia si diffuse e fu accolta con sgomento. Ma si era pur sempre in Italia, sebbene in sogno. E l’ingegno dei cittadini messi di fronte a tale spietatezza, produsse i soliti effetti, tipici dell’ingegnosità italica.
Le vendite di Viagra furono superate da un nuovo prodotto che induceva alla stitichezza cronica. Anche la vendita di nuovi freezer toccò picchi mai raggiunti. C'era infatti chi puntava a stoccare tutte le uscite nel congelatore, in attesa del solito condono di massa.
Proteste e scioperi, non tardarono ad arrivare e con questi i soliti aggiustamenti alla tassa e relative esenzioni fiscali.
Le prime ad essere esentate furono le categorie professionali a “rischio”, come paracadutisti, pompieri, domatori di leoni, guardie giurate, forze dell’ordine e tutti coloro i quali dimostrarono di incorrere in emozioni forti che potevano produrre effetti non controllabili sulle uscite. Tuttavia, tra la sorpresa generale, a questi si aggiunsero presto avvocati, notai, politici, taxisti, imprenditori ed altri ancora, lamentando ciascuna categoria, una propria dose di “rischio professionale” dovuto a qualche tipo di emozione forte.
Anche quelli dell’Arci Gay protestarono e dissero di sentirsi discriminati. Per loro questa era infatti come una tassa sul sesso. Qualcuno dal Ministero ebbe il cattivo gusto di ricordare loro che si trattava di una tassa sulle uscite, e non sulle entrate…
Ma quell'anno, una rara forma influenzale che colpiva le vie intestinali, finì per alterare la logicità normativa del legislatore.
L'influenza aveva messo sul lastrico migliaia di famiglie che non riuscivano a pagare le tasse accumulate in una settimana di influenza.
Il Papa fu colpito in prima persona dall’influenza, come molta parte del clero, evento che andò a pesare non poco sulle casse del Vaticano. Forse anche per questo, formulò urgentemente un’enciclica denominata: Defecatio tax.
I contenuti religiosi e spirituali si mischiavano a quelli meramente terreni, e fisiologici.
Nell’enciclica si affermava che era inaccettabile l’ingerenza temporale dello Stato su un tema che andava a colpire i fedeli nel momento di maggior intimità con il proprio spirito.
Anche il clero quindi fu esentato, in quanto, si disse, già gravato dal voto di castità anteriore.
Le forze politiche di opposizione ebbero gioco facile a dire che per colpa di questa tassa, gli italiani erano finiti nella materia oggetto di tassazione!
Infine vi erano i soliti furbetti, che avevano due bagni in casa, uno dei quali abusivo.
Per tutti gli altri onesti cittadini ormai la situazione era insostenibile. Costrette sul lastrico dall’influenza, migliaia di famiglie erano finite per strada.
Il ministro venne cacciato dal governo, perché con la sua tassa era riuscito a scontentare proprio tutti.
Rotolandosi nel letto, Treconti era ormai prossimo alla fine del sogno che si era trasformato in un incubo, come tutte le altre sue invenzioni fiscali, se viste dalla parte dei contribuenti.
L’incubo si concluse con nuove elezioni, che il Governo perse. Vinse il partito populista IdV, l’Italia dei Vespasiani, mettendo un unico punto nel programma elettorale, ovvero la possibilità di usufruire di luoghi pubblici esenti da ogni tassa, dove poter esercitare i propri diritti fondamentali gratuitamente…
Il Ministro si svegliò di soprassalto, sudato e preoccupato. Anche in sogno aveva avuto la conferma che non era possibile avere una tassa equa e che accontentasse tutti. Il problema non erano le tasse, ma trovare qualcuno che volesse pagarle.
Alzandosi dal letto, si interrogò sul significato di questo sogno, forse premonitore, e si chiese se a proposito della tassa appena sognata, l’Italia sarebbe finita anch’essa nella materia oggetto di tassazione…
-Entrate e uscite! E’ sempre la stessa storia…per aumentare le entrate dello Stato, l’unico modo, è porre un controllo sulle uscite dei contribuenti !
Di rimando i suoi collaboratori proposero una serie di tasse sulle spese e l’aumento dell’IVA. Ma il ministro non era soddisfatto. Voleva qualcosa di innovativo.
”Nein! Nulla si crea e nulla si distrugge!” – Sbottò uno dei consulenti tedeschi più pagati, mimando una bocca intenta a masticare. – Entrate und uscite! Qvello che entra prima o poi esce! Chiaro?!
L’attenzione del ministro si spostò quindi verso ben altre uscite. E forse per non contraddire il teutonico consulente inviato dalla BCE, il ministro approvò il piano.
Parafrasando Einstein, la più odiata tassa della storia, sarebbe quindi stata applicata non sulle entrate, bensì sulle uscite. E così, un team di esperti fu subito incaricato di trovare il modo per applicare la tassa a tutti i WC del Paese.
-Basta ormai è deciso. Chi mangia di più, paga di più! Molto semplice no? – Chiosò Treconti.
La notizia si diffuse e fu accolta con sgomento. Ma si era pur sempre in Italia, sebbene in sogno. E l’ingegno dei cittadini messi di fronte a tale spietatezza, produsse i soliti effetti, tipici dell’ingegnosità italica.
Le vendite di Viagra furono superate da un nuovo prodotto che induceva alla stitichezza cronica. Anche la vendita di nuovi freezer toccò picchi mai raggiunti. C'era infatti chi puntava a stoccare tutte le uscite nel congelatore, in attesa del solito condono di massa.
Proteste e scioperi, non tardarono ad arrivare e con questi i soliti aggiustamenti alla tassa e relative esenzioni fiscali.
Le prime ad essere esentate furono le categorie professionali a “rischio”, come paracadutisti, pompieri, domatori di leoni, guardie giurate, forze dell’ordine e tutti coloro i quali dimostrarono di incorrere in emozioni forti che potevano produrre effetti non controllabili sulle uscite. Tuttavia, tra la sorpresa generale, a questi si aggiunsero presto avvocati, notai, politici, taxisti, imprenditori ed altri ancora, lamentando ciascuna categoria, una propria dose di “rischio professionale” dovuto a qualche tipo di emozione forte.
Anche quelli dell’Arci Gay protestarono e dissero di sentirsi discriminati. Per loro questa era infatti come una tassa sul sesso. Qualcuno dal Ministero ebbe il cattivo gusto di ricordare loro che si trattava di una tassa sulle uscite, e non sulle entrate…
Ma quell'anno, una rara forma influenzale che colpiva le vie intestinali, finì per alterare la logicità normativa del legislatore.
L'influenza aveva messo sul lastrico migliaia di famiglie che non riuscivano a pagare le tasse accumulate in una settimana di influenza.
Il Papa fu colpito in prima persona dall’influenza, come molta parte del clero, evento che andò a pesare non poco sulle casse del Vaticano. Forse anche per questo, formulò urgentemente un’enciclica denominata: Defecatio tax.
I contenuti religiosi e spirituali si mischiavano a quelli meramente terreni, e fisiologici.
Nell’enciclica si affermava che era inaccettabile l’ingerenza temporale dello Stato su un tema che andava a colpire i fedeli nel momento di maggior intimità con il proprio spirito.
Anche il clero quindi fu esentato, in quanto, si disse, già gravato dal voto di castità anteriore.
Le forze politiche di opposizione ebbero gioco facile a dire che per colpa di questa tassa, gli italiani erano finiti nella materia oggetto di tassazione!
Infine vi erano i soliti furbetti, che avevano due bagni in casa, uno dei quali abusivo.
Per tutti gli altri onesti cittadini ormai la situazione era insostenibile. Costrette sul lastrico dall’influenza, migliaia di famiglie erano finite per strada.
Il ministro venne cacciato dal governo, perché con la sua tassa era riuscito a scontentare proprio tutti.
Rotolandosi nel letto, Treconti era ormai prossimo alla fine del sogno che si era trasformato in un incubo, come tutte le altre sue invenzioni fiscali, se viste dalla parte dei contribuenti.
L’incubo si concluse con nuove elezioni, che il Governo perse. Vinse il partito populista IdV, l’Italia dei Vespasiani, mettendo un unico punto nel programma elettorale, ovvero la possibilità di usufruire di luoghi pubblici esenti da ogni tassa, dove poter esercitare i propri diritti fondamentali gratuitamente…
Il Ministro si svegliò di soprassalto, sudato e preoccupato. Anche in sogno aveva avuto la conferma che non era possibile avere una tassa equa e che accontentasse tutti. Il problema non erano le tasse, ma trovare qualcuno che volesse pagarle.
Alzandosi dal letto, si interrogò sul significato di questo sogno, forse premonitore, e si chiese se a proposito della tassa appena sognata, l’Italia sarebbe finita anch’essa nella materia oggetto di tassazione…
domenica 22 maggio 2011
Luna Park
Dal palco del comizio l’oratore aizzava la folla brandendo un bicchiere colmo d’acqua pura e…per il momento gratuita.
“…questa che ho in mano stasera non è solo acqua, è molto di più. E’ l’ultimo baluardo di una serie di diritti inalienabili dell’uomo, che l’uomo stesso vuole mettere in vendita, sul libero mercato, dimostrando che ciò che era inalienabile fino a ieri, non lo sarà domani. E’ per questo che siamo qui stasera. Per fermare questa deriva che immola sull’altare del profitto qualsiasi cosa, senza guardare in faccia nessuno, senza più alcun limite. Oggi è l’acqua. Domani forse sarà l’aria che respiriamo. In fondo esiste aria pura ed aria meno pura, e state pur certi che prima o poi qualcuno ci penserà, ed arriveremo anche a questo, perché il punto non è il costo più o meno alto, ma l’etica, il valore che noi diamo alle cose e alle idee.
Carissimi assetati di acqua e di etica, è a voi che mi rivolgo, perché solo Voi potete fermare questa deriva. Solo l’uomo può fermare quello che un altro uomo ha iniziato.
Lascio a Voi la parola quindi, servono idee ora, senza più perdere altro tempo.”
Dalla folla inferocita ma senza idee, emerse dopo qualche minuto una vocina che subito fu sospinta sul palco. Una donna rossa, forse solo nei capelli, prese il microfono con forza e azzittì chiunque.
“Donne è a voi che mi rivolgo! Se l’uomo non sa come fermare ciò che l’uomo ha iniziato, allora sarà la donna a farlo! Nessuno parla di questo referendum, lo sapete bene, ed il problema è proprio questo. Bisogna fare qualcosa di eclatante, oggi, che colpisca tutti, perché stiamo parlando dell’acqua che è appunto un bene di tutti. Noi donne abbiamo un solo grande potere in fondo, ed è il momento di usarlo. Io, propongo di proclamare uno sciopero ad oltranza sino al Referendum…”
Un boato esplose dalla folla festante.
“…uno sciopero dell’Amore. Niente più sesso fino al Referendum!” – Chiosò la rossa.
Sulla folla piombò il silenzio.
“…e vedrete che la notizia andrà su tutti i giornali. Donne, sapete bene come sono fatti gli uomini. Sta a voi quindi la responsabilità di lasciarli a bocca asciutta, prima che l’umanità stessa rimanga tutta a bocca asciutta di fronte a questa assurdità che vorrebbe l’acqua privatizzata!”.
La folla si divise in due. Uomini silenti da una parte e donne in festa dall’altra.
Ma gli effetti, prima che sui giornali, iniziarono a vedersi altrove…
Una coda lunga ed ordinata, si era formata sul marciapiede nel quartiere cinese di Milano.
Un giornalista che era sul palco il giorno del comizio, e motivato a dare una mano alla causa, si mise diligentemente in coda prendendo anche lui il numerino come in macelleria: 157.
Quando arrivò il suo turno, lesse sul campanello il nome: Miss Park.
Ed entrò.
- Buongiorno Miss Park io sono…
- Plego plego, accomodasi..lì.
- Veramente io…
- Arrivo subito, togliere vestito plego.
- Scusi, Miss Park, io…
- Chiama me Luna, plego…
- Luna? Quindi devo chiamarla Miss… Luna Park?! Ma signorina, in Italiano vuol dire parco giochi…
- Allola, io sarò tuo parco giochi! Che gioco vuole giocare?
- Io sono qui per il referendum sull’Acqua…
- Vuole giocare nell’acqua? Bene, qui grande sauna e piccola piscina…
- No, no…volevo solo chiederle, se anche lei potesse aderire allo sciopero…
- Sciopero? Noi in Cina no fa sciopero, mai.
- Lo so, ma se lei non fa sciopero è inutile che le altre donne facciano sciopero, guardi che coda!
- Se altre donne fanno sciopero, io tanti visitatori in più!
- Brava, lei ha il senso degli affari, si vede.
Dopo una breve meditazione il giornalista, ritornò sui suoi passi:
- Miss, sono tornato a proporle un affare. io sono un giornalista, e se lei farà sciopero fino al referendum, io scriverò il suo indirizzo sul giornale, così tutti sapranno come trovare Luna Park. Pubblicità gratuita! Che ne dice?
- Passapalola miglior pubblicità…
- Si certo, ma il nostro giornale stampa pur sempre più di 200.000 copie…
Luna Park, fece due conti velocemente. Poi rispose, sorridente.
- Fare sciopero buon affare a volte. Ok, domani compro giornale. Affare fatto.
Il giorno dopo, il giornalista passò di lì e vide che non c’era più nessuno in coda per strada.
Si avvicinò al campanello e lesse un piccolo cartello dove c’era scritto:
LUNA PARK CHIUSO.
Ed in piccolo tra parentesi… fino a Referendum!
Il giornalista concluse tra sé, che aveva trovato finalmente un modo per far capire anche ai cinesi il vero valore della democrazia.
“…questa che ho in mano stasera non è solo acqua, è molto di più. E’ l’ultimo baluardo di una serie di diritti inalienabili dell’uomo, che l’uomo stesso vuole mettere in vendita, sul libero mercato, dimostrando che ciò che era inalienabile fino a ieri, non lo sarà domani. E’ per questo che siamo qui stasera. Per fermare questa deriva che immola sull’altare del profitto qualsiasi cosa, senza guardare in faccia nessuno, senza più alcun limite. Oggi è l’acqua. Domani forse sarà l’aria che respiriamo. In fondo esiste aria pura ed aria meno pura, e state pur certi che prima o poi qualcuno ci penserà, ed arriveremo anche a questo, perché il punto non è il costo più o meno alto, ma l’etica, il valore che noi diamo alle cose e alle idee.
Carissimi assetati di acqua e di etica, è a voi che mi rivolgo, perché solo Voi potete fermare questa deriva. Solo l’uomo può fermare quello che un altro uomo ha iniziato.
Lascio a Voi la parola quindi, servono idee ora, senza più perdere altro tempo.”
Dalla folla inferocita ma senza idee, emerse dopo qualche minuto una vocina che subito fu sospinta sul palco. Una donna rossa, forse solo nei capelli, prese il microfono con forza e azzittì chiunque.
“Donne è a voi che mi rivolgo! Se l’uomo non sa come fermare ciò che l’uomo ha iniziato, allora sarà la donna a farlo! Nessuno parla di questo referendum, lo sapete bene, ed il problema è proprio questo. Bisogna fare qualcosa di eclatante, oggi, che colpisca tutti, perché stiamo parlando dell’acqua che è appunto un bene di tutti. Noi donne abbiamo un solo grande potere in fondo, ed è il momento di usarlo. Io, propongo di proclamare uno sciopero ad oltranza sino al Referendum…”
Un boato esplose dalla folla festante.
“…uno sciopero dell’Amore. Niente più sesso fino al Referendum!” – Chiosò la rossa.
Sulla folla piombò il silenzio.
“…e vedrete che la notizia andrà su tutti i giornali. Donne, sapete bene come sono fatti gli uomini. Sta a voi quindi la responsabilità di lasciarli a bocca asciutta, prima che l’umanità stessa rimanga tutta a bocca asciutta di fronte a questa assurdità che vorrebbe l’acqua privatizzata!”.
La folla si divise in due. Uomini silenti da una parte e donne in festa dall’altra.
Ma gli effetti, prima che sui giornali, iniziarono a vedersi altrove…
Una coda lunga ed ordinata, si era formata sul marciapiede nel quartiere cinese di Milano.
Un giornalista che era sul palco il giorno del comizio, e motivato a dare una mano alla causa, si mise diligentemente in coda prendendo anche lui il numerino come in macelleria: 157.
Quando arrivò il suo turno, lesse sul campanello il nome: Miss Park.
Ed entrò.
- Buongiorno Miss Park io sono…
- Plego plego, accomodasi..lì.
- Veramente io…
- Arrivo subito, togliere vestito plego.
- Scusi, Miss Park, io…
- Chiama me Luna, plego…
- Luna? Quindi devo chiamarla Miss… Luna Park?! Ma signorina, in Italiano vuol dire parco giochi…
- Allola, io sarò tuo parco giochi! Che gioco vuole giocare?
- Io sono qui per il referendum sull’Acqua…
- Vuole giocare nell’acqua? Bene, qui grande sauna e piccola piscina…
- No, no…volevo solo chiederle, se anche lei potesse aderire allo sciopero…
- Sciopero? Noi in Cina no fa sciopero, mai.
- Lo so, ma se lei non fa sciopero è inutile che le altre donne facciano sciopero, guardi che coda!
- Se altre donne fanno sciopero, io tanti visitatori in più!
- Brava, lei ha il senso degli affari, si vede.
Dopo una breve meditazione il giornalista, ritornò sui suoi passi:
- Miss, sono tornato a proporle un affare. io sono un giornalista, e se lei farà sciopero fino al referendum, io scriverò il suo indirizzo sul giornale, così tutti sapranno come trovare Luna Park. Pubblicità gratuita! Che ne dice?
- Passapalola miglior pubblicità…
- Si certo, ma il nostro giornale stampa pur sempre più di 200.000 copie…
Luna Park, fece due conti velocemente. Poi rispose, sorridente.
- Fare sciopero buon affare a volte. Ok, domani compro giornale. Affare fatto.
Il giorno dopo, il giornalista passò di lì e vide che non c’era più nessuno in coda per strada.
Si avvicinò al campanello e lesse un piccolo cartello dove c’era scritto:
LUNA PARK CHIUSO.
Ed in piccolo tra parentesi… fino a Referendum!
Il giornalista concluse tra sé, che aveva trovato finalmente un modo per far capire anche ai cinesi il vero valore della democrazia.
sabato 26 marzo 2011
RADIO ATTIVA ! – Pubblicità Progresso
« Carissimi radio ascoltatori bentrovati su Radio Attiva la prima radio ad ospitare un programma a sostegno dell’energia nucleare, pulita, sicura e alla portata di tutti.
Oggi cominceremo ad irradiarvi con gli incredibili vantaggi che ci possono essere nell’avere una nuova centrale nucleare anche nella vostra città. Siamo in linea con un fortunato radioascoltatore che ha già goduto dei privilegi di chi può vantare nel proprio territorio una centrale di nuova generazione.
Buongiorno sig. Ivo da Ca’ dell’Oppio, in provincia di Verona, ci sente ? Siamo in linea. Pronto mi sente ?!
- Pr…prontoo ! Adesso … ho alzato la radio, vi sento forte e chiaro ! Sono un po’ sordo, scusate. Buongiorno a tutti.
- Ecco, bene Ivo, lei a che distanza abita dalla centrale ?
- Eh, sarà un Km, è appena al di là del fiume.
- E ci dica, perchè si è trasferito lì ?
- Eh… perché mi hanno comprato…
- In che senso scusi.. ?!
- Nel senso, che mi han trovato un lavoro qui nella centrale, mi han comprato la casa, col giardino e tutto il resto! Eravamo in 4 in famiglia in un monolocale in città e così siam venuti in campagna, in mezzo alla natura…
- Ma certo, all’aria pura ! E anche questo è uno dei vantaggi di abitare vicino ad una centrale di nuova generazione, sicura e pulita, vero sig. Ivo?
- Eh…pronto… negli ultimi giorni non ci sento bene, scusate... ho un problema all’udito…
- Sarà il collegamento… ma ci dica invece qualche altro vantaggio dell’avere una centrale nelle vicinanze Sig. Ivo, come ad esempio l’elettricità al 50 per cento in meno, gli incentivi governativi, gli sgravi fiscali ecc.
- Si, si… le bollette sono molto meno care e le verdure nell’orto diventano grosse il doppio ! Mai visto delle zucchine così, sembrano angurie!
- …questo non è importante Ivo …
- A proposito, non so se si può dire… ma ultimamente perfino le tette della Gina, mia moglie, sono aumentate straordinariamente di volume ! Saranno il triplo, deve essere l’aria …
- Ma Sig. Ivo … non si dicono queste cose alla radio ! Insomma mi pare di capire che anche sua moglie è contenta, e così tutta la famiglia, giusto ?
- Si, si, tutti…tranne la Ketty, mia figlia, perché le è appena morto il gatto…
- Ah che peccato, ma sarà stato per cause naturali vero Sig. Ivo ?! Si concentri su tutti i vantaggi che ha adesso…
- Beh, cause naturali, mica tanto…è stato mangiato… da un Topo ! Sarà stato il doppio di lui, l’ho visto anch’io. Qua in campagna girano di quelle pantegane negli ultimi tempi…
- Cosa vuole mai Sig. Ivo, era un gatto di città…cosa pretende ?
- Sarà…però adesso la Ketty ha paura ad uscire di casa.
- Sig. Ivo, le ricordo che non si possono dire certe cose alla radio.
- Cosa ho detto stavolta ? Non ho mica parlato delle tette della Gina…
- Sig. Ivo, la parola « paura » è stata bandita dalla deontologia professionale di Radio Attiva perchè crea inutile allarmismo, e la invito quindi a non usarla a vanvera, al pari di altre parole che lei già conosce di questa lista, fornitale prima della trasmissione...
- …tipo Radioattività ?
- Sig. Ivo , come si permette ?!
- …scusi, scusi…ma non ho mai capito perché « Radio-attiva » si può dire e radio attività no ?!
- Sig. Ivo non faccia giochi di parole ! Radio Attiva è il nome della nostra Radio da molto tempo prima che installassero le nuove centrali in Italia e non va confusa con altre parole simili nel suono ma di tuttaltro significato, che lei sta usando e che io certo non ripeterò !
- ...e si può dire che ormai mi chiamano tutti «Ivo il radioattivo »?
- Aspetti… c’è un comunicato dalla regia…dunque, ci comunicano, cari ascoltatori, che lo sponsor ha deciso che la parola « radioattiva » sarà inserita nella lista delle parole non gradite … un attimo…come è possibile ? Ma se è il nome della nostra Radio, come facciamo a non dirla più ?! …Ah…devo continuare col comunicato ? Speriamo in bene …e quindi… « il nome della radio sarà cambiato, e d’ora in poi in linea con la trasmissione attualmente in onda, di grande successo, la radio si chiamerà : Radio Atomica energia pulita » ! …Radio Atomica…ma sono impazziti tutti qui?!
Si lo so che sono in diretta, ma di questo sponsor non se ne può più ! Prima si compera la radio, poi ci costringe a fare questa trasmissione Pro-nucleare, e persino ad avere una lista di parole non gradite ! E adesso vuole farci cambiare nome perché suona antinucleare ! Ma chi è questo « sponsor » ? Non sarà mica sempre Lui, vero ??
- Pr…prontoo… son Ivo…’sa succede ? Non sento…
- E questo cos’è, un altro comunicato della regia ? Cristo santo… io sarei licenziato seduta stante, tra l’altro in diretta !? Bene ! Allora sapete che vi dico ? Fanculo lo sponsor ! Dovevo capirlo subito che ci ha comprati per farci tacere…
- …pronto son sempre Ivo, sono ancora in linea… devo rimanere al telefono ?
- Ivo cosa fa ancora lì ? Non si lasci ipnotizzare dalle tette della Gina ! Prima di diventare sordo del tutto, o di fare la fine del gatto… è meglio che torni in città !
Quanto a me, cari ascoltatori, vorrei lasciarvi col nostro vecchio slogan che da un po’ di tempo ci hanno vietato…
« Radio Attiva vi contamina « solo » con la sua allegria, tutti i giorni dalle 7.00 alle 24.00 » ! Ma ora, prima che mi censurino in diretta, mi rimane solamente da consigliarvi, finché potete... di cambiare canaleee… !! »
Oggi cominceremo ad irradiarvi con gli incredibili vantaggi che ci possono essere nell’avere una nuova centrale nucleare anche nella vostra città. Siamo in linea con un fortunato radioascoltatore che ha già goduto dei privilegi di chi può vantare nel proprio territorio una centrale di nuova generazione.
Buongiorno sig. Ivo da Ca’ dell’Oppio, in provincia di Verona, ci sente ? Siamo in linea. Pronto mi sente ?!
- Pr…prontoo ! Adesso … ho alzato la radio, vi sento forte e chiaro ! Sono un po’ sordo, scusate. Buongiorno a tutti.
- Ecco, bene Ivo, lei a che distanza abita dalla centrale ?
- Eh, sarà un Km, è appena al di là del fiume.
- E ci dica, perchè si è trasferito lì ?
- Eh… perché mi hanno comprato…
- In che senso scusi.. ?!
- Nel senso, che mi han trovato un lavoro qui nella centrale, mi han comprato la casa, col giardino e tutto il resto! Eravamo in 4 in famiglia in un monolocale in città e così siam venuti in campagna, in mezzo alla natura…
- Ma certo, all’aria pura ! E anche questo è uno dei vantaggi di abitare vicino ad una centrale di nuova generazione, sicura e pulita, vero sig. Ivo?
- Eh…pronto… negli ultimi giorni non ci sento bene, scusate... ho un problema all’udito…
- Sarà il collegamento… ma ci dica invece qualche altro vantaggio dell’avere una centrale nelle vicinanze Sig. Ivo, come ad esempio l’elettricità al 50 per cento in meno, gli incentivi governativi, gli sgravi fiscali ecc.
- Si, si… le bollette sono molto meno care e le verdure nell’orto diventano grosse il doppio ! Mai visto delle zucchine così, sembrano angurie!
- …questo non è importante Ivo …
- A proposito, non so se si può dire… ma ultimamente perfino le tette della Gina, mia moglie, sono aumentate straordinariamente di volume ! Saranno il triplo, deve essere l’aria …
- Ma Sig. Ivo … non si dicono queste cose alla radio ! Insomma mi pare di capire che anche sua moglie è contenta, e così tutta la famiglia, giusto ?
- Si, si, tutti…tranne la Ketty, mia figlia, perché le è appena morto il gatto…
- Ah che peccato, ma sarà stato per cause naturali vero Sig. Ivo ?! Si concentri su tutti i vantaggi che ha adesso…
- Beh, cause naturali, mica tanto…è stato mangiato… da un Topo ! Sarà stato il doppio di lui, l’ho visto anch’io. Qua in campagna girano di quelle pantegane negli ultimi tempi…
- Cosa vuole mai Sig. Ivo, era un gatto di città…cosa pretende ?
- Sarà…però adesso la Ketty ha paura ad uscire di casa.
- Sig. Ivo, le ricordo che non si possono dire certe cose alla radio.
- Cosa ho detto stavolta ? Non ho mica parlato delle tette della Gina…
- Sig. Ivo, la parola « paura » è stata bandita dalla deontologia professionale di Radio Attiva perchè crea inutile allarmismo, e la invito quindi a non usarla a vanvera, al pari di altre parole che lei già conosce di questa lista, fornitale prima della trasmissione...
- …tipo Radioattività ?
- Sig. Ivo , come si permette ?!
- …scusi, scusi…ma non ho mai capito perché « Radio-attiva » si può dire e radio attività no ?!
- Sig. Ivo non faccia giochi di parole ! Radio Attiva è il nome della nostra Radio da molto tempo prima che installassero le nuove centrali in Italia e non va confusa con altre parole simili nel suono ma di tuttaltro significato, che lei sta usando e che io certo non ripeterò !
- ...e si può dire che ormai mi chiamano tutti «Ivo il radioattivo »?
- Aspetti… c’è un comunicato dalla regia…dunque, ci comunicano, cari ascoltatori, che lo sponsor ha deciso che la parola « radioattiva » sarà inserita nella lista delle parole non gradite … un attimo…come è possibile ? Ma se è il nome della nostra Radio, come facciamo a non dirla più ?! …Ah…devo continuare col comunicato ? Speriamo in bene …e quindi… « il nome della radio sarà cambiato, e d’ora in poi in linea con la trasmissione attualmente in onda, di grande successo, la radio si chiamerà : Radio Atomica energia pulita » ! …Radio Atomica…ma sono impazziti tutti qui?!
Si lo so che sono in diretta, ma di questo sponsor non se ne può più ! Prima si compera la radio, poi ci costringe a fare questa trasmissione Pro-nucleare, e persino ad avere una lista di parole non gradite ! E adesso vuole farci cambiare nome perché suona antinucleare ! Ma chi è questo « sponsor » ? Non sarà mica sempre Lui, vero ??
- Pr…prontoo… son Ivo…’sa succede ? Non sento…
- E questo cos’è, un altro comunicato della regia ? Cristo santo… io sarei licenziato seduta stante, tra l’altro in diretta !? Bene ! Allora sapete che vi dico ? Fanculo lo sponsor ! Dovevo capirlo subito che ci ha comprati per farci tacere…
- …pronto son sempre Ivo, sono ancora in linea… devo rimanere al telefono ?
- Ivo cosa fa ancora lì ? Non si lasci ipnotizzare dalle tette della Gina ! Prima di diventare sordo del tutto, o di fare la fine del gatto… è meglio che torni in città !
Quanto a me, cari ascoltatori, vorrei lasciarvi col nostro vecchio slogan che da un po’ di tempo ci hanno vietato…
« Radio Attiva vi contamina « solo » con la sua allegria, tutti i giorni dalle 7.00 alle 24.00 » ! Ma ora, prima che mi censurino in diretta, mi rimane solamente da consigliarvi, finché potete... di cambiare canaleee… !! »
sabato 19 febbraio 2011
SANREMO - Vince: « Mama mia dami cento euro… che in Italia volio andar! »
- Ah, che bella l’Italia vista dalla TV !
Di là del mar, attorno ad un piccolo schermo, si riunivano ogni sera Alì ed i suoi amici, per il grande evento della serata. In trepidante attesa, col fiato sospeso, tutti si chiedevano quale sarebbe stato stasera il tema dello stacchetto delle Veline.
Eccole! Fulgide, sorridenti e disponibili come tutte le italiane, scodinzolavano in attesa di un giovane africano, o almeno così amavano sognare laggiù.
Grazie alla TV, per un’ora sembrava proprio di essere in Italia. Ma come tutti i sogni anche questo finiva, e si tornava col sedere su una spiaggia africana, a guardar il mar che separava l’Africa dalla terra promessa.
Soldi, automobili sportive e belle donne. Il Belpaese era lì a poche ore di barca ed al tempo stesso, irraggiungibile. Ma grazie alla TV italiana, almeno, era possibile continuare a guardare gli altri che mangiano il gelato, anche se purtroppo, attraverso la finestra della gelateria. Sempre meglio di niente.
Finché un bel giorno tutto cambiò.
In Africa scoppiò il caos, e molti decisero che era il momento giusto per andarsene. Il primo a farlo fu proprio il Presidente del Paese, chi l’avrebbe mai detto !
In tanti decisero che valeva la pena di prendersi qualche rischio, piuttosto che rimanere alla finestra per tutta la vita.
E fu così che pure Alì decise di andare in Italia.
Non era proprio una vera barca quella su cui era salito, ma se ne accorse solo dopo aver dato tutti i soldi che la mamma aveva risparmiato in una vita, al capitano… più o meno l’equivalente di un pieno di benzina in Italia.
La traversata fu veloce e fortunata. C’era addirittura il comitato di benvenuto in divisa ad attenderli, su una barca militare italiana.
Mise piede in Italia, sfinito, ma entusiasta al tempo stesso, perché la TV italiana gli si avvicinò per un’ intervista ! Nel mentre si sistemava la camicia, pensando che l’avrebbero visto persino in Africa, gli chiesero cosa era venuto a cercare in Italia. Lui rispose con la prima parola italiana che gli venne in mente:
- Libertà !
Il giorno dopo era rinchiuso assieme a tutti gli altri in un centro d’accoglienza, con sbarre alte come un minareto, che gli ricordavano tanto le galere africane. E non c’era neanche la TV !
Per la prima volta gli venne il dubbio che non proprio tutto in Italia fosse meglio che in africa.
Ma ci voleva altro per far disperare Alì!
Dopo qualche mese lì dentro, sentì alcuni usare delle parole tipicamente italiane che lui non conosceva, come «condono » ed «asilo politico », ed in men che non si dica si ritrovò in aperta campagna.
E lì, gli offrirono subito un lavoro ! L’Italia era sempre sorprendente.
Il boss era una persona equa, e gli spiegò che siccome lui veniva dall’Africa, doveva essere pagato con uno stipendio africano.
Logico in fondo. Alì non ebbe niente da obiettare.
Poteva anche dormire vicino agli altri animali, nella stalla, e mangiare tutto quello che mangiavano loro. Senza limiti. Altro che Africa !
Quando dopo qualche mese chiese quanto avesse accumulato raccogliendo pomodori, gli risposero che, tolto vitto e alloggio, in realtà era lui che doveva una bella sommetta al boss, e stava crescendo giorno dopo giorno.
Mentre rifletteva sulla particolarità del mercato del lavoro in Italia, che non aveva ancora del tutto chiara, gli proposero di saldare il suo debito mettendosi nel commercio.
Alì, conobbe il libero mercato.
Una settimana dopo, si ritrovò di nuovo al centro d’accoglienza, che nel frattempo aveva cambiato nome, e ora si chiamava « centro di Espulsione ».
Gli spiegarono che in Italia c’era una legge contro il fumo che lui aveva infranto, in quanto non si poteva vendere fumo, o quanto meno non fumo africano. Quindi, stipendio africano sì, ma fumo africano no ?!
Si vede che in Italia c’erano già abbastanza venditori di fumo.
Ogni giorno si scopriva una cosa nuova nel belpaese.
Una settimana dopo, gli dissero che per non tornare subito in Africa, aveva solo un modo. Scrivere una lettera e chiedere la Grazia al Presidente. E lui lo fece.
« Sua Grazia Presidente,
Mi scuso pel mio italiano, ma io ho imparato italiano alla TV. Le sue TV, Presidente.
Grazie alle sue TV ci sentiamo tutti più Italiani, anche in Africa. Grazie Presidente.
Nostro povero Paese, rimasto senza Presidente ora. Abbiamo bisogno di nuovo Presidente. Lei Presidente Milan, Presidente TV, e Presidente Italia. Perché non può essere anche Presidente d’Africa ?!
Mi hanno detto di scrivere questa lettera di Grazie. E io dico tante Grazie Presidente !
Grazie a lei Africa e Italia ora sono molto più vicine di prima. Anche Italiani pensano la stessa cosa. Anche Italiani dicono che grazie a lei… Italia è come Africa !
I problemi d’Italia sono i problemi di africa. Donne molto belle, ma troppo care ! Giustizia che non ti da mai ragione… e arbitri che non tifano per Milan !
Africa non può stare senza Italia, ma Italia non può stare senza Africa.
Chi fa ancora bambini in Italia ? Chi raccoglie pomodori gratis?
E’ momento di festeggiare, Presidente.
E non solo le vittorie del Milan.
Io dico bisogna festeggiare, i 150 anni di Italia… anche in Africa!
Infatti, anche grazie a lei Presidente, dopo 150 anni, Italia e Africa sono ormai la stessa cosa !
Grazia Presidente ! »
Qualche giorno dopo Alì fu espulso, forse solo perché fra tutti i Presidenti a cui aveva scritto, mancava quello meno famoso, ma pur sempre…per ora, l’unico Presidente della Repubblica Italiana.
Di là del mar, attorno ad un piccolo schermo, si riunivano ogni sera Alì ed i suoi amici, per il grande evento della serata. In trepidante attesa, col fiato sospeso, tutti si chiedevano quale sarebbe stato stasera il tema dello stacchetto delle Veline.
Eccole! Fulgide, sorridenti e disponibili come tutte le italiane, scodinzolavano in attesa di un giovane africano, o almeno così amavano sognare laggiù.
Grazie alla TV, per un’ora sembrava proprio di essere in Italia. Ma come tutti i sogni anche questo finiva, e si tornava col sedere su una spiaggia africana, a guardar il mar che separava l’Africa dalla terra promessa.
Soldi, automobili sportive e belle donne. Il Belpaese era lì a poche ore di barca ed al tempo stesso, irraggiungibile. Ma grazie alla TV italiana, almeno, era possibile continuare a guardare gli altri che mangiano il gelato, anche se purtroppo, attraverso la finestra della gelateria. Sempre meglio di niente.
Finché un bel giorno tutto cambiò.
In Africa scoppiò il caos, e molti decisero che era il momento giusto per andarsene. Il primo a farlo fu proprio il Presidente del Paese, chi l’avrebbe mai detto !
In tanti decisero che valeva la pena di prendersi qualche rischio, piuttosto che rimanere alla finestra per tutta la vita.
E fu così che pure Alì decise di andare in Italia.
Non era proprio una vera barca quella su cui era salito, ma se ne accorse solo dopo aver dato tutti i soldi che la mamma aveva risparmiato in una vita, al capitano… più o meno l’equivalente di un pieno di benzina in Italia.
La traversata fu veloce e fortunata. C’era addirittura il comitato di benvenuto in divisa ad attenderli, su una barca militare italiana.
Mise piede in Italia, sfinito, ma entusiasta al tempo stesso, perché la TV italiana gli si avvicinò per un’ intervista ! Nel mentre si sistemava la camicia, pensando che l’avrebbero visto persino in Africa, gli chiesero cosa era venuto a cercare in Italia. Lui rispose con la prima parola italiana che gli venne in mente:
- Libertà !
Il giorno dopo era rinchiuso assieme a tutti gli altri in un centro d’accoglienza, con sbarre alte come un minareto, che gli ricordavano tanto le galere africane. E non c’era neanche la TV !
Per la prima volta gli venne il dubbio che non proprio tutto in Italia fosse meglio che in africa.
Ma ci voleva altro per far disperare Alì!
Dopo qualche mese lì dentro, sentì alcuni usare delle parole tipicamente italiane che lui non conosceva, come «condono » ed «asilo politico », ed in men che non si dica si ritrovò in aperta campagna.
E lì, gli offrirono subito un lavoro ! L’Italia era sempre sorprendente.
Il boss era una persona equa, e gli spiegò che siccome lui veniva dall’Africa, doveva essere pagato con uno stipendio africano.
Logico in fondo. Alì non ebbe niente da obiettare.
Poteva anche dormire vicino agli altri animali, nella stalla, e mangiare tutto quello che mangiavano loro. Senza limiti. Altro che Africa !
Quando dopo qualche mese chiese quanto avesse accumulato raccogliendo pomodori, gli risposero che, tolto vitto e alloggio, in realtà era lui che doveva una bella sommetta al boss, e stava crescendo giorno dopo giorno.
Mentre rifletteva sulla particolarità del mercato del lavoro in Italia, che non aveva ancora del tutto chiara, gli proposero di saldare il suo debito mettendosi nel commercio.
Alì, conobbe il libero mercato.
Una settimana dopo, si ritrovò di nuovo al centro d’accoglienza, che nel frattempo aveva cambiato nome, e ora si chiamava « centro di Espulsione ».
Gli spiegarono che in Italia c’era una legge contro il fumo che lui aveva infranto, in quanto non si poteva vendere fumo, o quanto meno non fumo africano. Quindi, stipendio africano sì, ma fumo africano no ?!
Si vede che in Italia c’erano già abbastanza venditori di fumo.
Ogni giorno si scopriva una cosa nuova nel belpaese.
Una settimana dopo, gli dissero che per non tornare subito in Africa, aveva solo un modo. Scrivere una lettera e chiedere la Grazia al Presidente. E lui lo fece.
« Sua Grazia Presidente,
Mi scuso pel mio italiano, ma io ho imparato italiano alla TV. Le sue TV, Presidente.
Grazie alle sue TV ci sentiamo tutti più Italiani, anche in Africa. Grazie Presidente.
Nostro povero Paese, rimasto senza Presidente ora. Abbiamo bisogno di nuovo Presidente. Lei Presidente Milan, Presidente TV, e Presidente Italia. Perché non può essere anche Presidente d’Africa ?!
Mi hanno detto di scrivere questa lettera di Grazie. E io dico tante Grazie Presidente !
Grazie a lei Africa e Italia ora sono molto più vicine di prima. Anche Italiani pensano la stessa cosa. Anche Italiani dicono che grazie a lei… Italia è come Africa !
I problemi d’Italia sono i problemi di africa. Donne molto belle, ma troppo care ! Giustizia che non ti da mai ragione… e arbitri che non tifano per Milan !
Africa non può stare senza Italia, ma Italia non può stare senza Africa.
Chi fa ancora bambini in Italia ? Chi raccoglie pomodori gratis?
E’ momento di festeggiare, Presidente.
E non solo le vittorie del Milan.
Io dico bisogna festeggiare, i 150 anni di Italia… anche in Africa!
Infatti, anche grazie a lei Presidente, dopo 150 anni, Italia e Africa sono ormai la stessa cosa !
Grazia Presidente ! »
Qualche giorno dopo Alì fu espulso, forse solo perché fra tutti i Presidenti a cui aveva scritto, mancava quello meno famoso, ma pur sempre…per ora, l’unico Presidente della Repubblica Italiana.
domenica 13 febbraio 2011
Reuters - Cenerentola Rubacuori. Una favola moderna
C’era una volta in Africa una bimba che sognava il principe azzurro, e decise che nella vita avrebbe fatto di tutto per potersi sposare con questo principe, ovunque lui si trovasse.
Quando fu più grande, cominciò a capire che non avrebbe mai potuto trovare un principe nel suo povero paese nordafricano. Un vero principe doveva avere, se non un vero e proprio castello, almeno una villa con piscina e auto di lusso! E quindi decise di andarsene a cercarlo altrove, magari in Europa.
Dopo aver girato alcuni Stati europei, giunse in un bel paese, che per certi versi le ricordava pure la sua Africa, quanto meno per gli abitanti. Era giunta in Italia.
La gente lì era più solare, gentile, e non aveva in mente solo il lavoro. Tutti gli uomini, ad esempio, le proponevano di diventare il suo principe azzurro, magari anche solo per una sera…
Questa novità che all’inizio le sembrava strana, col tempo cominciò a piacerle molto.
Infatti, riceveva così un sacco di regali, e trascorreva serate sempre in posti diversi. Certo, il fatto che ci fossero in giro così tanti potenziali principi azzurri, cominciò a confonderle le idee. Se ne avesse scelto uno infatti, avrebbe perso tutti gli altri… regali compresi!
Forse anche per questa sua incapacità di scegliere, finì per inguaiare molti cuori solitari, che le affibiarono l’appellativo di “Rubacuori”.
La vita scorreva per lei frenetica nel bel paese, finché un giorno qualcuno la convinse che il principe azzurro esisteva veramente, e da anni cercava la sua principessa, ma non era ancora riuscito a trovarla, nonostante ne avesse provate tante. Il suo castello era al Nord, in mezzo alla nebbia, evidentemente per una questione di privacy, a cui teneva molto.
Lei non vedeva l’ora di conoscerlo e durante il viaggio verso Nord, non smetteva di ringraziare questo vero angelo che si chiamava pure come l’arcangelo Gabriele in persona, ma per lei, era soltanto… Lele.
Quando giunsero al castello, capì subito che si trattava del principe giusto.
Il castello aveva un parco enorme, verde, illuminato, con la servitù e tutto il resto.
Lì, si trovavano un sacco di candidate principesse. Era proprio vero che il Principe aveva le idee confuse, almeno quanto lei.
Tuttavia, era convinta che avrebbe rubato il suo cuore, prima delle altre.
Mentre aspettava il principe, le si avvicinò un signore molto gentile, di una certa età ma dal aspetto curato ed in un certo qual modo… ringiovanito.
Questo signore si offrì subito di aiutarla, offrendole di terminare gli studi. Pensò che si trattasse di un modo gentile per darle dell’ignorante in pubblico, ma quando sentì la cifra, accettò l’idea che avesse ancora molte cose da imparare.
Appena questi se ne andò, riapparve l'arcangelo, sussurrandole che il principe l’aspettava nelle sue camere. Capì che era il suo momento.
Quando aprì la porta, notò nella stanza un grande letto a balconcino in stile russo,e lì, sotto le coperte c’era il principe, nella penombra. Se lo immaginava, possente, biondo e giovane.
Ma dall’oscurità una voce gerontoiatrica la sorprese e, s’arrestò. Acuito lo sguardo, intravide un vecchietto stagionato che si atteggiava da baldo giovine. Possibile che costui fosse il Principe? Possibile che in Italia i principi cercassero moglie a quest’età? Sapeva che gli uomini nel belpaese se la prendevano con calma, ma non pensava fino a questo punto.
- Vieni, siediti qui, – disse lui.
Ebbe come un déjà vu, ed il suo pensiero volò al nonno in Africa, all’incirca coetaneo del vecchietto nel letto, mentre la teneva sulle ginocchia amorevolmente.
Ma quell’invito non sembrava per lo stesso motivo. Certamente, pensò, non si poteva trattare del Principe, e quindi doveva esserci stato un equivoco. Così, rispose.
- Sire, io sono qui per suo figlio..o nipote, insomma, il principe azzurro.
Il vecchietto nel letto, sentitosi chiamare per la prima volta come un Re, si ingaglioffò, accese la luce, e Rubacuori si accorse che trattavasi dello stesso vecchio signore che le voleva pagare il corso di studi.
- Ma lei chi è? – Sbottò Rubacuori, - e dove mi trovo?!
- ARCO RE! - Rispose lui.
Rubacuori, pensando che avesse risposto alla prima domanda, replicò:
- O Re di Arco, mio Sire, chiedo scusa ma non mi sento molto bene, vorrei tornare a casa.
Mesi dopo, raggiunta la celebrità grazie ad un'interurbana, qualcuno le chiese se fra i cuori che aveva rubato c’era pure quello del nonno del principe, ma sia lei che il nonno negarono tutto, tranne i corsi scolastici a pagamento.
Quando fu più grande, cominciò a capire che non avrebbe mai potuto trovare un principe nel suo povero paese nordafricano. Un vero principe doveva avere, se non un vero e proprio castello, almeno una villa con piscina e auto di lusso! E quindi decise di andarsene a cercarlo altrove, magari in Europa.
Dopo aver girato alcuni Stati europei, giunse in un bel paese, che per certi versi le ricordava pure la sua Africa, quanto meno per gli abitanti. Era giunta in Italia.
La gente lì era più solare, gentile, e non aveva in mente solo il lavoro. Tutti gli uomini, ad esempio, le proponevano di diventare il suo principe azzurro, magari anche solo per una sera…
Questa novità che all’inizio le sembrava strana, col tempo cominciò a piacerle molto.
Infatti, riceveva così un sacco di regali, e trascorreva serate sempre in posti diversi. Certo, il fatto che ci fossero in giro così tanti potenziali principi azzurri, cominciò a confonderle le idee. Se ne avesse scelto uno infatti, avrebbe perso tutti gli altri… regali compresi!
Forse anche per questa sua incapacità di scegliere, finì per inguaiare molti cuori solitari, che le affibiarono l’appellativo di “Rubacuori”.
La vita scorreva per lei frenetica nel bel paese, finché un giorno qualcuno la convinse che il principe azzurro esisteva veramente, e da anni cercava la sua principessa, ma non era ancora riuscito a trovarla, nonostante ne avesse provate tante. Il suo castello era al Nord, in mezzo alla nebbia, evidentemente per una questione di privacy, a cui teneva molto.
Lei non vedeva l’ora di conoscerlo e durante il viaggio verso Nord, non smetteva di ringraziare questo vero angelo che si chiamava pure come l’arcangelo Gabriele in persona, ma per lei, era soltanto… Lele.
Quando giunsero al castello, capì subito che si trattava del principe giusto.
Il castello aveva un parco enorme, verde, illuminato, con la servitù e tutto il resto.
Lì, si trovavano un sacco di candidate principesse. Era proprio vero che il Principe aveva le idee confuse, almeno quanto lei.
Tuttavia, era convinta che avrebbe rubato il suo cuore, prima delle altre.
Mentre aspettava il principe, le si avvicinò un signore molto gentile, di una certa età ma dal aspetto curato ed in un certo qual modo… ringiovanito.
Questo signore si offrì subito di aiutarla, offrendole di terminare gli studi. Pensò che si trattasse di un modo gentile per darle dell’ignorante in pubblico, ma quando sentì la cifra, accettò l’idea che avesse ancora molte cose da imparare.
Appena questi se ne andò, riapparve l'arcangelo, sussurrandole che il principe l’aspettava nelle sue camere. Capì che era il suo momento.
Quando aprì la porta, notò nella stanza un grande letto a balconcino in stile russo,e lì, sotto le coperte c’era il principe, nella penombra. Se lo immaginava, possente, biondo e giovane.
Ma dall’oscurità una voce gerontoiatrica la sorprese e, s’arrestò. Acuito lo sguardo, intravide un vecchietto stagionato che si atteggiava da baldo giovine. Possibile che costui fosse il Principe? Possibile che in Italia i principi cercassero moglie a quest’età? Sapeva che gli uomini nel belpaese se la prendevano con calma, ma non pensava fino a questo punto.
- Vieni, siediti qui, – disse lui.
Ebbe come un déjà vu, ed il suo pensiero volò al nonno in Africa, all’incirca coetaneo del vecchietto nel letto, mentre la teneva sulle ginocchia amorevolmente.
Ma quell’invito non sembrava per lo stesso motivo. Certamente, pensò, non si poteva trattare del Principe, e quindi doveva esserci stato un equivoco. Così, rispose.
- Sire, io sono qui per suo figlio..o nipote, insomma, il principe azzurro.
Il vecchietto nel letto, sentitosi chiamare per la prima volta come un Re, si ingaglioffò, accese la luce, e Rubacuori si accorse che trattavasi dello stesso vecchio signore che le voleva pagare il corso di studi.
- Ma lei chi è? – Sbottò Rubacuori, - e dove mi trovo?!
- ARCO RE! - Rispose lui.
Rubacuori, pensando che avesse risposto alla prima domanda, replicò:
- O Re di Arco, mio Sire, chiedo scusa ma non mi sento molto bene, vorrei tornare a casa.
Mesi dopo, raggiunta la celebrità grazie ad un'interurbana, qualcuno le chiese se fra i cuori che aveva rubato c’era pure quello del nonno del principe, ma sia lei che il nonno negarono tutto, tranne i corsi scolastici a pagamento.
venerdì 4 febbraio 2011
ANSA - Sparita la mummia di Tutankamon dal Museo del Cairo
Risvegliatosi di soprassalto mentre qualcuno gli stava srotolando le bende, il Faraone Tutankamon si ritrovò nel museo egizio del Cairo, dentro una teca di vetro infranta. Resosi conto che il suo sonno era durato all’incirca 4000 anni, decise di andarsene un po’ in giro per vedere cosa era cambiato dopo così tanto tempo nel suo bel paese d’Egitto.
Uscito per le vie del Cairo, notò che la situazione non era molto diversa dall’ultima volta che c'era stato, nonostante avesse dormito per tutto questo tempo.
Per strada, c’era sempre la solita gente affamata che si lamentava perchè era aumentato il prezzo del pane. Molti di loro erano feriti e bendati a causa degli scontri e forse anche per questo nessuno notò più di tanto un tizio ricoperto di bende dalla testa ai piedi, come una mummia. Semplicemente, pensarono che fosse stato menato più degli altri.
Alcuni urlavano a gran voce il nome del Faraone del momento, che regnava ormai da circa trentanni! Era uno dei regni più longevi d’Egitto, pensò Tutankamon, che era felice di notare come dopo quasi 4000 anni, il sistema di governo fosse ancora lo stesso.
A forza di camminare, arrivò nel luogo che cercava.
Erano ancora lì dopo tutto questo tempo…
Le Piramidi. Che spettacolo! Esattamente uguali a quando le aveva viste l’ultima volta. Si sentiva proprio a casa.
Chiese ad un uomo che urlava in mezzo alla strada cosa andava cercando. Lui, sempre urlando, rispose che cercava più libertà per il popolo.
Si rese conto che stava parlando con uno schiavo, e quindi proseguì. Non era il caso che un semidio parlasse con un semiuomo. Annotò con soddisfazione, tuttavia, che anche gli schiavi erano rimasti uguali in tutto questo tempo.
Fermò quindi un tizio che sembrava un soldato sopra un grande carro in metallo, senza cavalli, e si presentò:
- Salve, sono il Faraone Tutankamon.
Il soldato vide la testa completamente fasciata ed ebbe un fremito di compassione per il poveruomo.
- Bene, bene – rispose il soldato – un nuovo Faraone è proprio quello che tutti stanno aspettando. Perché non va da quella parte, c’è il palazzo del Governo, il suo posto è lì, assieme agli altri matti.
Tutankamon arrivò al palazzo per parlare col neo Faraone.
Questi lo ricevette con tutti gli onori. Forse perché era l’unico in quei giorni che non lo cercasse per defenestrarlo. E fu così che, vista l’occasione, decise di chiedere consiglio al vecchio Faraone.
- Grande Tutankamon, le piace il mio nuovo Egitto, moderno, ricco e popoloso?
Tutankamon lo guardò e rispose:
- Si mi piace molto. E’ esattamente come lo avevo lasciato 4000 anni fa. Il popolo sempre a lamentarsi, gli schiavi che vogliono la libertà, e i soldati vigili per le strade. Ma la cosa più importante è che le Piramidi siano ancora al loro posto. A memoria per le generazioni future.
Il nuovo Faraone lo guardò basito. Non sembrava molto contento della risposta.
Nel frattempo Tutankamon lo precedette con una domanda.
- E lei Faraone, dove ha costruito la sua Piramide?
Il nuovo Faraone rimase un attimo in silenzio. Poi confessò che non l’aveva ancora costruita.
- Come?! In trent’anni non ha neanche cominciato la sua piramide? Con tutti quegli schiavi per strada a fare niente, avrebbe potuto costruire la piramide più grande d’Egitto !
- Ma veramente – fa l’altro – io non credo alla reincarnazione.
- Che c’entra? Nessuno fra cinquant’anni si ricorderà più di lei senza una piramide col suo nome. Che peccato, un regno così lungo sprecato per sempre.
Nel mentre Tutankamon si alzava, una guardia entrò nella stanza ed urlò che i dimostranti erano penetrati nel palazzo, e bisognava scappare.
- Mi chiami subito un architetto, - urlò il Faraone – e che sia il migliore…meglio se italiano!
La guardia rispose :
- E per cosa ?! Stanno arrivando!
- Bisogna costruire una Piramide, deve essere la più grande di tutte…la Piramide..più grande d’Egitto…a memoria per le generazioni…future…
La guardia arretrò, vedendolo in stato confusionale e scomparve lasciando il Faraone al suo destino, mentre i dimostranti salivano le scale.
Nel frattempo, Tutankamon tornò alle sue Piramidi, in cerca del passaggio segreto per la camera tombale. Decise che non c’era nessuna novità rilevante da osservare in quest’epoca, e quindi pensò di rimettersi a dormire per altri tre o quattromila anni, in attesa di vedere se qualcosa sarebbe cambiato, nel frattempo, in Egitto.
Uscito per le vie del Cairo, notò che la situazione non era molto diversa dall’ultima volta che c'era stato, nonostante avesse dormito per tutto questo tempo.
Per strada, c’era sempre la solita gente affamata che si lamentava perchè era aumentato il prezzo del pane. Molti di loro erano feriti e bendati a causa degli scontri e forse anche per questo nessuno notò più di tanto un tizio ricoperto di bende dalla testa ai piedi, come una mummia. Semplicemente, pensarono che fosse stato menato più degli altri.
Alcuni urlavano a gran voce il nome del Faraone del momento, che regnava ormai da circa trentanni! Era uno dei regni più longevi d’Egitto, pensò Tutankamon, che era felice di notare come dopo quasi 4000 anni, il sistema di governo fosse ancora lo stesso.
A forza di camminare, arrivò nel luogo che cercava.
Erano ancora lì dopo tutto questo tempo…
Le Piramidi. Che spettacolo! Esattamente uguali a quando le aveva viste l’ultima volta. Si sentiva proprio a casa.
Chiese ad un uomo che urlava in mezzo alla strada cosa andava cercando. Lui, sempre urlando, rispose che cercava più libertà per il popolo.
Si rese conto che stava parlando con uno schiavo, e quindi proseguì. Non era il caso che un semidio parlasse con un semiuomo. Annotò con soddisfazione, tuttavia, che anche gli schiavi erano rimasti uguali in tutto questo tempo.
Fermò quindi un tizio che sembrava un soldato sopra un grande carro in metallo, senza cavalli, e si presentò:
- Salve, sono il Faraone Tutankamon.
Il soldato vide la testa completamente fasciata ed ebbe un fremito di compassione per il poveruomo.
- Bene, bene – rispose il soldato – un nuovo Faraone è proprio quello che tutti stanno aspettando. Perché non va da quella parte, c’è il palazzo del Governo, il suo posto è lì, assieme agli altri matti.
Tutankamon arrivò al palazzo per parlare col neo Faraone.
Questi lo ricevette con tutti gli onori. Forse perché era l’unico in quei giorni che non lo cercasse per defenestrarlo. E fu così che, vista l’occasione, decise di chiedere consiglio al vecchio Faraone.
- Grande Tutankamon, le piace il mio nuovo Egitto, moderno, ricco e popoloso?
Tutankamon lo guardò e rispose:
- Si mi piace molto. E’ esattamente come lo avevo lasciato 4000 anni fa. Il popolo sempre a lamentarsi, gli schiavi che vogliono la libertà, e i soldati vigili per le strade. Ma la cosa più importante è che le Piramidi siano ancora al loro posto. A memoria per le generazioni future.
Il nuovo Faraone lo guardò basito. Non sembrava molto contento della risposta.
Nel frattempo Tutankamon lo precedette con una domanda.
- E lei Faraone, dove ha costruito la sua Piramide?
Il nuovo Faraone rimase un attimo in silenzio. Poi confessò che non l’aveva ancora costruita.
- Come?! In trent’anni non ha neanche cominciato la sua piramide? Con tutti quegli schiavi per strada a fare niente, avrebbe potuto costruire la piramide più grande d’Egitto !
- Ma veramente – fa l’altro – io non credo alla reincarnazione.
- Che c’entra? Nessuno fra cinquant’anni si ricorderà più di lei senza una piramide col suo nome. Che peccato, un regno così lungo sprecato per sempre.
Nel mentre Tutankamon si alzava, una guardia entrò nella stanza ed urlò che i dimostranti erano penetrati nel palazzo, e bisognava scappare.
- Mi chiami subito un architetto, - urlò il Faraone – e che sia il migliore…meglio se italiano!
La guardia rispose :
- E per cosa ?! Stanno arrivando!
- Bisogna costruire una Piramide, deve essere la più grande di tutte…la Piramide..più grande d’Egitto…a memoria per le generazioni…future…
La guardia arretrò, vedendolo in stato confusionale e scomparve lasciando il Faraone al suo destino, mentre i dimostranti salivano le scale.
Nel frattempo, Tutankamon tornò alle sue Piramidi, in cerca del passaggio segreto per la camera tombale. Decise che non c’era nessuna novità rilevante da osservare in quest’epoca, e quindi pensò di rimettersi a dormire per altri tre o quattromila anni, in attesa di vedere se qualcosa sarebbe cambiato, nel frattempo, in Egitto.
Iscriviti a:
Post (Atom)