D’un tratto un soffio di vita penetrò dentro me. Soffio dopo soffio, il mio corpo cresceva, delineando curve sinuose che non mi aspettavo certo di avere.
Colui che mi diede la vita, aveva il fiatone quando terminò. Poi mi rivestì di tutto punto, e capii quindi che doveva trattarsi di una serata speciale.
E lo era. Avrei conosciuto il mio principe azzurro. L’emozione era tanta che non riuscivo a chiudere le labbra. Quasi avessi fatto una paresi, me ne stavo li a bocca aperta come un’idiota! Cosa non fa l’emozione a volte…
Tutti i passeggeri che erano con me su quella carrozza che ci conduceva dal principe azzurro, si precipitarono ad ispezionare la mia ugola per capire cosa fosse successo. Qualcuno mi estrasse anche la lingua, forse perché pensava che quella fosse la causa del problema. Ma non era così.
Su quell'enorme carrozzone che mi ricordava una canzone di Renato Zero, c’erano solo uomini ed erano tutti incredibilmente affettuosi con me. Mi abbracciavano e mi stringevano da tutte le parti, tanto che a volte non riuscivo nemmeno a respirare. Anche perché, forse inavvertitamente, mi avevano un po’ tappato tutti i buchi!
Ma ecco che arrivò in mio soccorso proprio lui, il mio principe azzurro!
Era alto, biondo, un fulgido esemplare della specie umana. Aveva una maglietta un po’ idiota ma a lui stava benissimo. Girava con in testa due lattine di birra ed usava dissetarsi portandone il contenuto alla bocca con una cannuccia. Il mio principe ne sapeva una più del diavolo.
Finalmente ero tra le sue possenti braccia. Mi ritrovai a testa in giù e gambe in su, non capendo bene cosa dovevo fare. Ma a lui piaceva molto questa posizione, soprattutto per farsi fare tante belle foto.
Mi guardavano tutti quella sera. O quasi. L’unico che non mi guardava, era un tipo strano che guidava il carrozzone, mentre ci portava alla festa. Doveva essere un posto lontano, molto lontano, perché non si arrivava mai. Forse era in Asia .. chissà, del resto la strada sembrava infinita. Qualcuno aveva ribattezzato il pilota col nome greco di “Ulisse”, ma io non ho letto l’Iliade e l’Odissea e quindi non ne conosco i motivi.
Ad un certo punto ci fermammo a chiedere informazioni e scesi anch’io con loro. I passanti mi guardavano con occhi straniti, sembrava non avessero mai visto due tipi che vanno in giro con una bambola gonfiabile nuda sotto il braccio.
Ma ormai eravamo vicini. Intanto, sul carrozzone i passeggeri chiedevano ad Ulisse di portarli a Troia, anche se ne parlavano sempre al plurale, forse perché ne esisteva più d’una?! Sarà stato per quello che non riuscivamo a trovarla…
Finalmente giungemmo alla meta, che non era affatto bella come l’antica città di Troia, ma se non altro doveva essere molto vicino ad essa, visto il tempo che ci avevamo messo per arrivare.
Al convivio c’era un sacco di gente, ma nessuno ci aveva aspettato per la cena. Maleducati. Fu così che consumammo tutto frugalmente e senza riguardi, tanto che io mi ritrovai in bocca addirittura una bottiglia di vino e un salame dolce.. non vi dico dove! Avevamo tralasciato un po’ le buone maniere, in quell’occasione.
Ma poi ecco la notizia che tutte le donne si aspettano di sentire nella loro vita. Al microfono l’oratore della serata, un certo Omero, disse che il mio principe azzurro aveva annunciato le sue nozze. Quindi era vero? Quella festa era proprio in onore del nostro fidanzamento!
Non riuscivo a crederci…ero rimasta a bocca aperta. Nel frattempo gli ospiti mi portavano in trionfo facendomi svolazzare da una parte all’altra della tavola, mentre il mio principe, si divertiva in una sorta di addio al celibato improvvisato, con delle altrettanto improvvisate ballerine di danza del ventre. Ma si vedeva che non erano il suo tipo. Loro erano solo dei normalissimi esseri umani, non avrebbero mai potuto competere con una splendida bambola tuttofare come me.
E fu così che la nostra serata si trasformò in un idillio. Ovunque mi celebravano, e tutti si complimentavano con me, producendosi in effusioni di ogni genere che avrebbero fatto ingelosire chiunque, ma non il mio principe. Lui per fortuna era di visioni aperte come me, sentivo che non ci sarebbero mai stati problemi tra noi.
Non si arrabbiò neppure quando con delle giovani umane che festeggiavano un addio al nubilato, utilizzai assieme a loro dei giocattoli che si erano portate appresso, quelli che di solito servono per fare l’amore… e che sono sempre pronti all’uso.
La cosa fantastica era che anche questi giocattoli erano di plastica come me, ed io potei giocare tranquillamente con quei miei consimili senza che lui mi dicesse nulla. Che uomo! Era quasi perfetto, peccato che fosse solo umano. Ah, se fosse stato almeno un po’ sintetico come me, sarebbe stato perfetto! Ma in fondo andava bene anche così.
Il nostro sarà il primo matrimonio di una nuova era, il primo matrimonio tra una bambola di plastica ed un umano.
Le cose ormai stanno cambiando. Gli umani puntano alla perfezione e tentano di assomigliare a noi sempre più, attaccandosi perfino dei pezzi di silicone qua e là. Tutto inutile. Non saranno mai perfetti come me, ed il mio principe l’ha capito per primo.
Intanto la serata volgeva alla fine ed il nostro Ulisse stava già scaldando i motori per il lungo viaggio che ci avrebbe riportati a casa.
Al ritorno pensammo bene di cambiare strada, avvalendoci di un navigatore esperto che nonostante la voce alterata dall’alcol e lo sguardo etereo da coma etilico, godeva comunque più fiducia del noto Ulisse, vittima forse della sua stessa fama.
Io ero stata posta proprio in mezzo ai due, sulla prua del nostro mezzo che ondeggiava come un veliero nella notte buia, forse con la speranza che portassi almeno un po’ di fortuna. Caddero presto tutti in un sonno profondo, rotto solo dagli intermezzi di qualche olfo passeggero che invitava il capitano a portarci a Troie, intendendo con questo, credo, altre città simili a quella appena visitata.
Dopo un tempo imprecisato, giungemmo in un luogo che credemmo fosse l’Hellas, la patria. Invece era solo la città dell’Hellas Verona, ma pur sempre una città con la C maiuscola. Del resto, bisognava accontentarsi di quei tempi, ci dissero i locali.
Fu li che celebrammo la nostra impresa con una foto di gruppo, in cui fui portata ancora una volta in trionfo, proprio sul parabrezza del carrozzone.
Ma avevamo cantato vittoria troppo presto. Gli Dei ci erano avversi. O forse erano solo adirati con Ulisse per qualche suo misfatto. Non c’era da stupirsene, dal momento che era riuscito perfino a far venire il mal di mare ad uno di noi, pur guidando sulla terra ferma.
Proprio quando pensavamo di essere ormai giunti, alcuni Dei ci fermarono ed imposero ad Ulisse di soffiare in una cornucopia, e noi tutti rimanemmo in ansia per l’esito di un tale sortilegio. Ma nonostante Ulisse ringraziasse gli Dei a modo suo, comparandoli a vari animali domestici, la sorte ci sorrise e ripartimmo per la nostra Odissea, a dir il vero sempre più stanchi e scorati.
Quando tutto sembrava perduto, giungemmo ad un tempio, laddove Ulisse disse al mio principe che aveva parlato con gli Dei nel sonno, mentre stava guidando, e loro gli dissero che per rivedere la sua patria, doveva sacrificare la cosa che aveva più cara al mondo.
Il mio principe si commosse.
Se fino ad un istante prima ero contenta di essere diventata la cosa più importante della sua vita, adesso lo ero un po’ meno. A quanto sembrava, toccava proprio a me la sorte del sacrificio.
Senza ulteriori indugi, Ulisse mi preparò per il rito sacrificale. Fui posta proprio sotto la ruota del carrozzone, che ci aveva portati così lontano.
Tutti si riunirono attorno a me, e mi osservarono mentre la ruota avanzava ed io mi gonfiavo a dismisura.
Con un ultimo sguardo al mio principe, gli augurai di trovare un’altra bambola bella come me, per quanto fosse un’impresa quasi impossibile.
Un boato turbò il sonno dei cittadini del piccolo paesino. Quello fu l’unico suono che emisi in tutta la mia vita. Se solo avessi avuto il dono della parola…non sarebbe andata così!
La mattina dopo alcuni bimbi trovarono una strana bambola tutta sgonfia, nel cestino di fronte all’asilo. Poco dopo le maestre cercarono di spiegare loro perché esistevano delle bambole con la bocca sempre spalancata.
Da quella stessa bocca la sera prima, mentre il carrozzone era sopra di lei, qualcuno giurò di aver visto uscire una lunga lingua, puntata in direzione dei presenti. Alcuni lo interpretarono come un maleficio.
Il principe lo vide come un estremo gesto d’amore.
Ulisse, era convinto che fosse il dito medio di uno degli Dei che ce l’aveva con lui.