L'Artistoide
La temuta critica d’arte era arrivata. Gli artisti erano in visibilio. Bastava un suo parere negativo per stroncare una carriera e mandare all’aria, anni di duro lavoro e ricerca artistica.
Due anni addietro, una giovane promessa della pittura si era ridotta a fare l’imbianchino, dopo una sua stroncatura magistrale su “Pennello facile”.
Lo stesso era accaduto ad uno scultore provetto, datosi all’edilizia, dopo che le sue opere furono da lei definite “un retaggio dei castelli di sabbia eretti in spiaggia da bambino, e da cui traspare un lapalissiano complesso di edipo”.
Ma allo stesso tempo, una sua positiva recensione aveva contribuito a consacrare come artisti di grido, supposti geni, sino ad allora incompresi, autori di teschi diamantati, bimbi impiccati e tele squarciate, altrimenti rimasti forse nel limbo come provocatori e latenti serial killer, gli stessi che in seguito invece entrarono a pieno titolo nel grande calderone dell’arte contemporanea.
La critica d’arte, giunse curiosa allo spazio B27, per valutare l’opera di un neofita che si era riservato una stanza intera per la sua esposizione.
Il suo sguardo iniziò a scandagliare ogni punto, in basso, in alto, a destra e a sinistra. Infine si posò sull’artista che a braccia incrociate e sicuro di se’, se ne stava appoggiato al cartello B27 con un piede sul muro. La critica d’arte appariva perplessa. Sembrava non avesse mai visto niente del genere.
Infine, si avvicinò al neofita con fare indagatore.
- Buongiorno Signor…
- Artistico… Gianni Artistico.
- Ah, - fa la critica perplessa – nome d’arte mi verrebbe da dire, ma sono convinta che la battuta le sia già stata fatta da...
- A dire il vero no, - fa lui serioso, – dov’era la battuta?
La critica rimase silente e pensierosa, rimirando di traverso questo burbero artista. Poi riprese:
- Ok, torniamo alla sua opera. Non vorrei apparirle superficiale, ma io ho qualche difficoltà a scorgere la sua creazione.
- Non si preoccupi non è mica obbligatorio vederla, con tutto quello che c’è in giro, può andarsene anche da un’altra parte. Arrivederci.
Ma lei, sempre più colpita dall’inusuale accoglienza, insistette.
- Veramente, ci terrei a capire un po’ di più la sua linea espositiva, quindi se volesse essere così gentile da mostrarmela lei, con parole sue, gliene sarei grata.
Artistico la fissò con sufficienza.
– Cosa vuole che le dica? Eccola lì.
La critica d’arte, cominciava a sentirsi in difficoltà e pure un po’ su di giri.
- Scusi, forse sarà anche colpa mia, ma io non vedo niente in questa stanza. Se si tratta di un’opera minimalista, me la indichi per favore, perché mi è proprio sfuggita… non riesco a vederla!
- E allora? – Concluse serafico Artistico.
- Come sarebbe a dire “e allora”?
- Si vede che non c’è niente da vedere… - concluse Artistico.
- Ma… ma, mi scusi… se lei viene ad una mostra d’arte in qualità di espositore, si da per scontato che abbia qualcosa da mostrare, no?!
Artistico sorrise, scuotendo il capo.
– La sua visione è limitata ed obsoleta, almeno quanto lei, oramai. Dovrebbe cambiare lavoro.
La critica d’arte era già paonazza, ma non si diede per vinta.
- La ringrazio, lei è molto gentile. Tornando a monte, sta cercando per caso di spiegarmi che voleva rappresentare il “nulla” lasciando la stanza completamente vuota? Guardi che l’hanno già fatto suoi ben più illustri predecessori…
- No, – fa Artistico scuotendo le spalle, – io non volevo rappresentare proprio un bel niente, altro che “il nulla”…
- Mi scusi, di nuovo – insistette lei, sempre più perplessa – ma vorrebbe dirmi che è venuto sin qui, ha affittato lo spazio espositivo, e non ha fatto niente?! Ma che storia è mai questa? Qui siamo ad una mostra d’arte!
- Perché fare niente non è forse un’arte? – Commentò Artistico del tutto sereno. – Mio cugino è una vita che non fa niente. Mica è facile sa? Provi lei, se ci riesce, a stare una vita intera, senza fare niente di niente. Le potrebbe venire l’esaurimento nervoso, invece a lui no…
- Ma cosa c’entra suo cugino nullafacente adesso?! Stiamo parlando d’arte qui, si guardi intorno!
- E chi è lei per dire che fare niente, non è un’arte? – Bofonchiò Artistico.
- Io sono una critica d’arte da più di trent’anni! – Sbottò lei offesa.
- E io sono Artistico dalla nascita. C’è scritto anche sulla carta d’identità! – Concluse lui, sventolandogliela davanti agli occhi.
- Lei è un buffone! – Si mise ad urlare, paonazza. - …E manca di rispetto a tutti quelli della sua categoria!
- E chi sarebbero? Quei serial killer mancati che lei descrive come “astri nascenti” ?
L’ormai datata critica, iniziò ad avere il fiatone ed a dare segni di squilibrio.
- Lei… lei … e poi io non… ma insomma…
- Vada a casa a lavare i piatti, ascolti me… - la congedò malamente Artistico, con sdegno.
La critica d’arte, iniziò a schiumare dalle labbra ed in men che non si dica, finì lunga distesa per terra, con gli occhi spalancati ed un paio di copie della sua rivista d'arte in mano.
Artistico non fece una piega. La guardò per un attimo, esanime, supina e con la bocca spalancata. Dopo una breve riflessione, ritenne che quello potesse essere il miglior contributo mai dato dalla Critica all’arte contemporanea, e senza toccare niente, si avvicinò al cartello B27, e con un pennarello nero scrisse in stampatello il titolo dell’opera esposta:
“Natura morta”.
Poi, ripensandoci, tornò sui suoi passi ed aggiunse la frase: “La fine della Critica nell’arte contemporanea”.
Un capannello di artisti, latenti serial killer e non, si radunò a complimentarsi con lo sconosciuto collega per la sua rappresentazione veramente realistica, nonché per il suo coraggio, senza nascondere una velata soddisfazione per il soggetto ivi rappresentato, che non era mai stato particolarmente simpatico a nessuno di loro…
I Bonsai
di Andrea Serpelloni
domenica 15 aprile 2012
domenica 4 marzo 2012
Il sapore dell’eternità
Un vecchietto, sospinto dall’inerzia del tempo, si avvicinava lento ad un bar.
Col suo incedere incerto ma determinato, rivelò presto l’intenzione di andare oltre quel rumoroso baretto frequentato da chiassosi giovani, dediti alla ricerca della linfa vitale nei fantasiosi cocktail del barista, che condivideva con loro l’età, ma non le pene del conto.
Il vecchietto se la rideva gaudioso, mentre con la coda dell’occhio si gustava quella scena, vissuta e rivissuta allo stesso modo, in lontani fasti di gioventù.
I ricordi si miscelavano nella sua mente, quanto gli ingredienti dei cocktail usati dal barista, dietro al bancone.
D’un tratto, sembrò soffermarsi un istante, quasi per tornare indietro nel tempo e rivedersi in mezzo a loro, con qualche lustro in meno, rimembrando follie acerbe di giovinezza.
La gioventù del loco, assistendo all’impietosa scena di un tripode, che col suo bastone avanzava lento tra di loro, non poté esimersi da sguardi impietosi.
Uno di questi, con una spontaneità pari solo all’irruenza dell’età, pose una domanda al vecchietto che lo fece sussultare:
- Ehi nonno, quanto pagheresti per tornare indietro alla mia età?
La frase, farcita di una risata e condita pure di commenti sgradevoli da parte dei suoi coetanei, trafisse il vecchio, che per un istante se ne stette lì, con uno sguardo sparuto, alla ricerca di una risposta.
Lo sguardo poi, iniziò ad astrarsi, perdendosi a ritroso nel tempo che fu.
In questo viaggio, sembrò immedesimarsi nel ragazzo, nei suoi pensieri e nella sua supponenza.
Infine sorrise. Parve per un attimo pensare, se valesse veramente la pena di tornare a quello stadio primordiale e ricominciare tutto da capo.
La voce uscì ferma, con tono risoluto dalle sue labbra, intrise di decenni di esperienze che non ammettevano repliche:
- E tu, quanto daresti per essere sicuro di arrivare alla mia...di età?! –
Il ragazzo rimase perplesso, al pari dei suoi coetanei.
Il vecchio, lasciò il giovane a rimuginare col bicchiere in mano, in compagnia del suo senso di superiorità verso chi non apparteneva più al suo mondo.
Un mondo talmente esclusivo, che la prospettiva stessa di uscirne, appariva al ragazzo così lontana da ritenerla impensabile, convinto com’era, che il sapore della giovinezza fosse lo stesso dell’eternità.
Col suo incedere incerto ma determinato, rivelò presto l’intenzione di andare oltre quel rumoroso baretto frequentato da chiassosi giovani, dediti alla ricerca della linfa vitale nei fantasiosi cocktail del barista, che condivideva con loro l’età, ma non le pene del conto.
Il vecchietto se la rideva gaudioso, mentre con la coda dell’occhio si gustava quella scena, vissuta e rivissuta allo stesso modo, in lontani fasti di gioventù.
I ricordi si miscelavano nella sua mente, quanto gli ingredienti dei cocktail usati dal barista, dietro al bancone.
D’un tratto, sembrò soffermarsi un istante, quasi per tornare indietro nel tempo e rivedersi in mezzo a loro, con qualche lustro in meno, rimembrando follie acerbe di giovinezza.
La gioventù del loco, assistendo all’impietosa scena di un tripode, che col suo bastone avanzava lento tra di loro, non poté esimersi da sguardi impietosi.
Uno di questi, con una spontaneità pari solo all’irruenza dell’età, pose una domanda al vecchietto che lo fece sussultare:
- Ehi nonno, quanto pagheresti per tornare indietro alla mia età?
La frase, farcita di una risata e condita pure di commenti sgradevoli da parte dei suoi coetanei, trafisse il vecchio, che per un istante se ne stette lì, con uno sguardo sparuto, alla ricerca di una risposta.
Lo sguardo poi, iniziò ad astrarsi, perdendosi a ritroso nel tempo che fu.
In questo viaggio, sembrò immedesimarsi nel ragazzo, nei suoi pensieri e nella sua supponenza.
Infine sorrise. Parve per un attimo pensare, se valesse veramente la pena di tornare a quello stadio primordiale e ricominciare tutto da capo.
La voce uscì ferma, con tono risoluto dalle sue labbra, intrise di decenni di esperienze che non ammettevano repliche:
- E tu, quanto daresti per essere sicuro di arrivare alla mia...di età?! –
Il ragazzo rimase perplesso, al pari dei suoi coetanei.
Il vecchio, lasciò il giovane a rimuginare col bicchiere in mano, in compagnia del suo senso di superiorità verso chi non apparteneva più al suo mondo.
Un mondo talmente esclusivo, che la prospettiva stessa di uscirne, appariva al ragazzo così lontana da ritenerla impensabile, convinto com’era, che il sapore della giovinezza fosse lo stesso dell’eternità.
lunedì 19 dicembre 2011
Il primo Natale alle Giubbe verdi
- Arrivano i comunisti! Si salvi chi può…
L’urlo, neanche tanto convinto, partiva dalla cassa della libreria, secondo alcuni, da qualche giorno piuttosto disertata.
- Ma quali comunisti…?! – Fa un giovane di spirito, con indosso una mise tecnica da alta montagna, impegnato alacremente ad armeggiare con un terminale.
- E’ la fine…accendete un cero per noi.. - continua quello in cassa, in una sorta di monologo ciclico vittimista, anche lui con gli occhi sul terminale, e lo sguardo fisso sulla mappa degli autobus… di Kansas City.
- Cooosa c’è…?! – Chiede un terzo, quasi per abitudine, sopraggiunto mentre cerca a sua volta un terminale libero. – Allora… Cooosa c’è? – Dice di nuovo, raggiunto il terminale, scaldandosi le mani lungamente prima di posarle sulla tastiera.
- Ma non vedete che non c’è nessuno? - Seguita quello in cassa scuotendo il capo continuamente, - è quasi Natale, dovrebbe esserci l’invasione! Siamo finiti…
- Ma se sono solo le nove e mezza di mattina! Chi vuoi che ci sia in giro? E’ già tanto che abbiano aperto i bar e le tabaccherie…
- Le tabaccherie! – Ripete illuminandosi il cassiere.
- Oddiooo… – si ode rimbombare nella libreria deserta, – non dovevo dirlo! Adesso si ricomincia...
Una stagista di pacchettistica natalizia, in disparte, se la rideva di gusto. Vicino a lei, una veterana stakanovista, incapace di stare ferma, sistemava una fila di libri appena risistemati, brontolando che non era quello il sistema giusto.
- Ogni mattina la solita pantomima…- seguita brontolando la collega che a forza di sistemare diceva che le era venuto il “sistema nervoso”.
Intanto, la stagista, sempre ilare, si chiedeva se un giorno anche lei avrebbe lavorato in un posto così divertente, magari proprio nella stessa libreria…chissà…
- Vieni, vieni… - la risvegliò il cassiere mentre lei, bella e incantata, se lo mangiava con gli occhi da dietro una pila di libri, - non startene lì con le mani in mano, che poi le colleghe brontolano! – Concluse sottovoce. – Piuttosto… faresti un salto in tabaccheria finché non c’è nessuno? Ho un paio di terne da piazzare, che…
- Ecco ci risiamo… – fa uno dei due con la testa nel terminale.
- … allora 90, per la paura, 17 per la sfiga, e 101 per la catastrofe…
- Ma veramente, il 101non so se…- fa lei timida e succube.
- Stai zitta! Lo so io perché! E tutti sulla ruota dell’Aquila. Per sintonia di sfighe, deve essere per forza quella giusta…
Alle dieci abbondanti, entra trafelato un tizio che sembrava un modello della Timberland ma che poi invece si rivelò essere solo un dipendente in ritardo.
Smoccolando di primo mattino, se la prende maledicendo nell’ordine: le telecamere, il Sindaco, i leghisti, la specie umana in decadenza, i cambiamenti climatici e il Pilates, il tutto prima di raggiungere la cassa.
Gli fa eco una collega, che avulsa dalla realtà, entra dalla porta del Bar retrostante, dalla quale era uscita poche ore addietro, ma non proprio con la stessa andatura.
- Oddio! – Riprende quello in cassa, - su L’Arena c’è un’altra pubblicità di una libreria che ha diversificato! Hanno fatto come i minotauri, “restaurant, libreria ed agenzia viaggi”! Che sia questo il futuro? Dobbiamo farlo anche noi, diversifichiamo!
-… si dai, diventiamo anche noi dei diversamente abili! – Commenta quello che ce l’aveva col mondo, - … noi potremo fare ad esempio “corsi di Yoga, mensa per poveri e libri usati a metà prezzo” per battere la crisi!
- Perfetto! Vengo anch’ io col mio banchetto! – Fa uno col cappello appena entrato che aveva fatto l’albero di natale per antonomasia al presepio vivente di tre anni prima..
- Calma..., calmaa! Coosa c’è? – Riattacca il saggio della libreria, scaldandosi dopo le mani, anche la voce, - siete preoccupati per la concorrenza? E’ un fuoco di paglia, rilassatevi. E poi chiudono presto gli altri alla sera. Mal che vada noi allungheremo il turno notturno…
- Siii! – Fa quella entrata dal bar, - io farò il turno di notte, e magari teniamo anche il bar aperto 24 ore su 24! – Conclude abbracciando la barista di turno che, solo all'idea, svenne tra le sue braccia.
- …e perché, già che ci siamo, non apriamo anche un nuovo reparto a luci rosse! – Chiosa l‘altro, risvegliando lo sguardo assopito del vicino di postazione, con la mise tecnica.
- Che balle! Son già stufa di sentirvi… io vado in pausa! – Dice salutando, quella arrivata da poco, mollando la barista ed infilando la porta.
Il primo cliente della giornata, chiese impunemente: - Ma state parlando della F… -
Aggredito da più parti, al grido “non osare nominare quel nome in questo luogo,” non riuscì a terminare la frase ed infilò la porta anche lui.
- Maledetti comunisti! – Riprese con la nenia quello in cassa.
- Ma non eravamo noi i comunisti? – Bofonchia il saggio, - Giubbe rosse e tutto il resto…?
Proprio in quel momento, giunse una collega graduata dai piani alti, che si distingueva dagli altri perché portava con se’ gli orari della settimana. Dietro di lei, giunse pure il più alto in grado tra tutti, pronto a sedare i toni.
- Non sono mai stato così contento di vedere gli orari… - fa quello in cassa, - vuol dire che almeno la prossima settimana, ci siamo ancora!
- Bastaaa! – Fanno tutti quanti in coro. - Porti sfiga!
In preda ad un delirio isterico contagioso, il cassiere si scagliò sulle vetrine urlando:
- Bisogna rifare le vetrine! Sono vetrine comuniste! Adesso che i comunisti sono gli altri, noi dobbiamo cambiare colore, o i clienti faranno confusione! Basta con le giubbe rosse…siamo in una città leghista, del resto! Il 50 per cento vota per la lega, e sono tutti clienti potenziali!
- Siii! – Fanno in coro le colleghe contagiate. – Bella idea!
- Ma si, - fa il saggio con ilarità – e allora, perché non cambiamo pure il nome in Giubbe verdi?!
- Siii! – Fanno tutte in coro di nuovo, prendendolo sul serio.
Il cassiere indossati i panni del vetrinista, partì alla carica.
- Portatemi subito “Gente del Nord”, “Avanti Po, Lega nord alla riscossa” e”Vento della Padania”…
- Non so se sono tutti disponibili… - fa una collega titubante, - ora controllo...
Alla vista della scena in corso, il saggio si scaldava le mani e se la rideva di gusto. Infine concluse:
- Uno c’è di sicuro…”Idiota in Politica, antropologia della Lega nord” prova a vedere…
- Si c’è! – Fa la collega, su di giri per il ritrovamento, – è della Feltrinelli… oddio cosa ho detto!!!
- Abbattetela! – Urla il vetrinista indemoniato, - o ci porterà sette anni di sfiga!
Mentre le colleghe meditavano sul linciaggio, una Voce Guida da dietro una pila di libri, le bloccò:
- Ferme! La paura è contagiosa, non fate così, non serve a niente! Fate invece un bel respiro col plesso solare ed incrociate le gambe … e le dita, che porta pure bene! – Urla la Voce, con un tono tra il paternalistico e lo yogin.
Ma scoperto che la voce apparteneva ad uno di loro, l’effetto esoterico placebo svanì.
– Mantenete la calma! – Urlò mentre cercavano di sedarlo.
- Beh, - fa il più alto in grado – forse non è una cattiva idea…Giubbe verdi…in fondo si dice anche “verde speranza” no?! Proviamo!
- Noo! Tu quoque Brute…- Chiosò la voce ex guida.
- E allora se è questa la piega, io mi licenzio! – Sbotta una figlia dei fiori, nata nella generazione sbagliata, che aveva pure cambiato libreria per avvicinarsi a casa.
Quando tutto sembrava ormai perduto, rientrò proprio allora la collega dopo la meritata pausa, accompagnata da un mesto barbuto, oramai simil teutonico.
Alla sua vista tutti esplosero in uno spontaneo e corale:
“...ah ci ghe!” Mentre uno di loro si lisciava le sopracciglia.
- Ehi, - fa il nuovo venuto, - ho saputo che avevate bisogno di rinforzi… che era in gioco la sopravvivenza stessa della libreria e non potevo starmene là con le mani in mano! E poi, a dire il vero, a Berlino son finiti gli alloggi… e allora ho pensato di tornare all’ovile...
- Figliol prodigo! - Fa il più alto in grado, sfoderando una vena religiosa inattesa.
- Ma… – dice quella con gli orari in mano – non si era detto semmai, che dovremmo ridurre?!
Dopo un attimo di silenzio, il boss prese la parola:
- Ma si, uno più uno meno…- chiosa, - cosa vuole che sia! E poi a Natale siamo tutti più buoni!
L’urlo, neanche tanto convinto, partiva dalla cassa della libreria, secondo alcuni, da qualche giorno piuttosto disertata.
- Ma quali comunisti…?! – Fa un giovane di spirito, con indosso una mise tecnica da alta montagna, impegnato alacremente ad armeggiare con un terminale.
- E’ la fine…accendete un cero per noi.. - continua quello in cassa, in una sorta di monologo ciclico vittimista, anche lui con gli occhi sul terminale, e lo sguardo fisso sulla mappa degli autobus… di Kansas City.
- Cooosa c’è…?! – Chiede un terzo, quasi per abitudine, sopraggiunto mentre cerca a sua volta un terminale libero. – Allora… Cooosa c’è? – Dice di nuovo, raggiunto il terminale, scaldandosi le mani lungamente prima di posarle sulla tastiera.
- Ma non vedete che non c’è nessuno? - Seguita quello in cassa scuotendo il capo continuamente, - è quasi Natale, dovrebbe esserci l’invasione! Siamo finiti…
- Ma se sono solo le nove e mezza di mattina! Chi vuoi che ci sia in giro? E’ già tanto che abbiano aperto i bar e le tabaccherie…
- Le tabaccherie! – Ripete illuminandosi il cassiere.
- Oddiooo… – si ode rimbombare nella libreria deserta, – non dovevo dirlo! Adesso si ricomincia...
Una stagista di pacchettistica natalizia, in disparte, se la rideva di gusto. Vicino a lei, una veterana stakanovista, incapace di stare ferma, sistemava una fila di libri appena risistemati, brontolando che non era quello il sistema giusto.
- Ogni mattina la solita pantomima…- seguita brontolando la collega che a forza di sistemare diceva che le era venuto il “sistema nervoso”.
Intanto, la stagista, sempre ilare, si chiedeva se un giorno anche lei avrebbe lavorato in un posto così divertente, magari proprio nella stessa libreria…chissà…
- Vieni, vieni… - la risvegliò il cassiere mentre lei, bella e incantata, se lo mangiava con gli occhi da dietro una pila di libri, - non startene lì con le mani in mano, che poi le colleghe brontolano! – Concluse sottovoce. – Piuttosto… faresti un salto in tabaccheria finché non c’è nessuno? Ho un paio di terne da piazzare, che…
- Ecco ci risiamo… – fa uno dei due con la testa nel terminale.
- … allora 90, per la paura, 17 per la sfiga, e 101 per la catastrofe…
- Ma veramente, il 101non so se…- fa lei timida e succube.
- Stai zitta! Lo so io perché! E tutti sulla ruota dell’Aquila. Per sintonia di sfighe, deve essere per forza quella giusta…
Alle dieci abbondanti, entra trafelato un tizio che sembrava un modello della Timberland ma che poi invece si rivelò essere solo un dipendente in ritardo.
Smoccolando di primo mattino, se la prende maledicendo nell’ordine: le telecamere, il Sindaco, i leghisti, la specie umana in decadenza, i cambiamenti climatici e il Pilates, il tutto prima di raggiungere la cassa.
Gli fa eco una collega, che avulsa dalla realtà, entra dalla porta del Bar retrostante, dalla quale era uscita poche ore addietro, ma non proprio con la stessa andatura.
- Oddio! – Riprende quello in cassa, - su L’Arena c’è un’altra pubblicità di una libreria che ha diversificato! Hanno fatto come i minotauri, “restaurant, libreria ed agenzia viaggi”! Che sia questo il futuro? Dobbiamo farlo anche noi, diversifichiamo!
-… si dai, diventiamo anche noi dei diversamente abili! – Commenta quello che ce l’aveva col mondo, - … noi potremo fare ad esempio “corsi di Yoga, mensa per poveri e libri usati a metà prezzo” per battere la crisi!
- Perfetto! Vengo anch’ io col mio banchetto! – Fa uno col cappello appena entrato che aveva fatto l’albero di natale per antonomasia al presepio vivente di tre anni prima..
- Calma..., calmaa! Coosa c’è? – Riattacca il saggio della libreria, scaldandosi dopo le mani, anche la voce, - siete preoccupati per la concorrenza? E’ un fuoco di paglia, rilassatevi. E poi chiudono presto gli altri alla sera. Mal che vada noi allungheremo il turno notturno…
- Siii! – Fa quella entrata dal bar, - io farò il turno di notte, e magari teniamo anche il bar aperto 24 ore su 24! – Conclude abbracciando la barista di turno che, solo all'idea, svenne tra le sue braccia.
- …e perché, già che ci siamo, non apriamo anche un nuovo reparto a luci rosse! – Chiosa l‘altro, risvegliando lo sguardo assopito del vicino di postazione, con la mise tecnica.
- Che balle! Son già stufa di sentirvi… io vado in pausa! – Dice salutando, quella arrivata da poco, mollando la barista ed infilando la porta.
Il primo cliente della giornata, chiese impunemente: - Ma state parlando della F… -
Aggredito da più parti, al grido “non osare nominare quel nome in questo luogo,” non riuscì a terminare la frase ed infilò la porta anche lui.
- Maledetti comunisti! – Riprese con la nenia quello in cassa.
- Ma non eravamo noi i comunisti? – Bofonchia il saggio, - Giubbe rosse e tutto il resto…?
Proprio in quel momento, giunse una collega graduata dai piani alti, che si distingueva dagli altri perché portava con se’ gli orari della settimana. Dietro di lei, giunse pure il più alto in grado tra tutti, pronto a sedare i toni.
- Non sono mai stato così contento di vedere gli orari… - fa quello in cassa, - vuol dire che almeno la prossima settimana, ci siamo ancora!
- Bastaaa! – Fanno tutti quanti in coro. - Porti sfiga!
In preda ad un delirio isterico contagioso, il cassiere si scagliò sulle vetrine urlando:
- Bisogna rifare le vetrine! Sono vetrine comuniste! Adesso che i comunisti sono gli altri, noi dobbiamo cambiare colore, o i clienti faranno confusione! Basta con le giubbe rosse…siamo in una città leghista, del resto! Il 50 per cento vota per la lega, e sono tutti clienti potenziali!
- Siii! – Fanno in coro le colleghe contagiate. – Bella idea!
- Ma si, - fa il saggio con ilarità – e allora, perché non cambiamo pure il nome in Giubbe verdi?!
- Siii! – Fanno tutte in coro di nuovo, prendendolo sul serio.
Il cassiere indossati i panni del vetrinista, partì alla carica.
- Portatemi subito “Gente del Nord”, “Avanti Po, Lega nord alla riscossa” e”Vento della Padania”…
- Non so se sono tutti disponibili… - fa una collega titubante, - ora controllo...
Alla vista della scena in corso, il saggio si scaldava le mani e se la rideva di gusto. Infine concluse:
- Uno c’è di sicuro…”Idiota in Politica, antropologia della Lega nord” prova a vedere…
- Si c’è! – Fa la collega, su di giri per il ritrovamento, – è della Feltrinelli… oddio cosa ho detto!!!
- Abbattetela! – Urla il vetrinista indemoniato, - o ci porterà sette anni di sfiga!
Mentre le colleghe meditavano sul linciaggio, una Voce Guida da dietro una pila di libri, le bloccò:
- Ferme! La paura è contagiosa, non fate così, non serve a niente! Fate invece un bel respiro col plesso solare ed incrociate le gambe … e le dita, che porta pure bene! – Urla la Voce, con un tono tra il paternalistico e lo yogin.
Ma scoperto che la voce apparteneva ad uno di loro, l’effetto esoterico placebo svanì.
– Mantenete la calma! – Urlò mentre cercavano di sedarlo.
- Beh, - fa il più alto in grado – forse non è una cattiva idea…Giubbe verdi…in fondo si dice anche “verde speranza” no?! Proviamo!
- Noo! Tu quoque Brute…- Chiosò la voce ex guida.
- E allora se è questa la piega, io mi licenzio! – Sbotta una figlia dei fiori, nata nella generazione sbagliata, che aveva pure cambiato libreria per avvicinarsi a casa.
Quando tutto sembrava ormai perduto, rientrò proprio allora la collega dopo la meritata pausa, accompagnata da un mesto barbuto, oramai simil teutonico.
Alla sua vista tutti esplosero in uno spontaneo e corale:
“...ah ci ghe!” Mentre uno di loro si lisciava le sopracciglia.
- Ehi, - fa il nuovo venuto, - ho saputo che avevate bisogno di rinforzi… che era in gioco la sopravvivenza stessa della libreria e non potevo starmene là con le mani in mano! E poi, a dire il vero, a Berlino son finiti gli alloggi… e allora ho pensato di tornare all’ovile...
- Figliol prodigo! - Fa il più alto in grado, sfoderando una vena religiosa inattesa.
- Ma… – dice quella con gli orari in mano – non si era detto semmai, che dovremmo ridurre?!
Dopo un attimo di silenzio, il boss prese la parola:
- Ma si, uno più uno meno…- chiosa, - cosa vuole che sia! E poi a Natale siamo tutti più buoni!
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